Alana S. Portero “La cattiva abitudine”

Alana S. Portero “La cattiva abitudine”

In questo periodo ho deciso di approfondire alcuni temi relativi alle cosiddette incertezze del gender, in lingua italiana: identità di genere. Il motivo è banale: avendo in programma un corso elementare su questi argomenti, ho pensato di leggere un po’ di romanzi, oltre alla necessaria saggistica.

Il racconto di cui parlo è una forma biografica romanzata che tratta la vita della protagonista, anagraficamente maschio, ma emotivamente e sensualmente donna. Della ragazza transgeder non è pronunciato il nome, ma solo l’iniziale Aaa che, bambina, tenta di pronunciare in un momento di grande ansia, senza riuscire a completarlo. Ne deduciamo che stia parlando di se stessa: Alana S. Portero scrittrice, drammaturga e regista, laureata in storia medievale, e attivista per i diritti LGBTIQ+.

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Sarà solo la fine del mondo

Sarà solo la fine del mondo

L’autore di questo libro si chiama Liv Ferracchiati ma, per un certo periodo, ha preferito usare uno pseudonimo maschile, forse proprio quello indicato nel romanzo: Guglielmo Leon. Si capisce che il nome Liv possiede qualcosa di astratto, almeno nella lingua italiana: può essere la radice di Livia oppure Livio; lascia l’indeterminazione, la stessa che prova il protagonista del romanzo che si autodefinisce transgender, cioè transitato nel genere sessuale.

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La ragazza sul divano

La ragazza sul divano

Stiamo attraversando un periodo di particolare insicurezza: sarà conseguenza delle pandemie, delle guerre e dei genocidi, degli hater professionisti e improvvisati, delle avidità deliranti… tant’è.

In questa attuale società liquida tutto è messo in discussione: dall’identità sessuale, all’identità politica, all’identità pura e semplice. Anche i ruoli sono meno chiari: chi insegna? chi apprende? chi fa rispettare la giustizia? chi rispetta la giustizia? chi racconta cosa sia la giustizia? individuale e sociale.

Le più banali certezze sono scomparse e, ironia dell’inconscio sociale, più i politici di destra e gli animi reazionari si ostinano a gridare lo slogan Dio, patria e famiglia e più questi valori si frantumano.

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Un mondo a parte

Un mondo a parte

Michele, maestro frustrato insegnante in una scuola della periferia romana, insoddisfatto della vita professionale ai margini della grande città, non riesce più a gestire il rapporto con bambini aggressivi e genitori violenti; e nemmeno con la propria disillusione. In un momento di noia chiede il trasferimento in una piccola scuola della montagna Abruzzese e gli viene concesso. Confrontandosi con lo scetticismo del suo stesso dirigente, altrettanto frustrato e piegato, decide di dare una svolta alla propria esistenza e accetta il trasferimento nel piccolo paese marsicano di Rupe – nome di fantasia di Opi  – nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo. Lo salva dalla tormenta di neve, più che altro una fantasia dello sceneggiatore, e lo introduce al nuovo incarico la vicepreside Agnese, la cui dedizione è volta a tentare tutto il possibile per mantenere attiva la piccola scuola intitolata a Cesidio Gentile, poeta e pastore noto come “Jurico”. La scuola sembra destinata alla soppressione e all’accorpamento con la sede principale posta in un centro dell’Alto Sangro, il paese immaginario di Castel Romito (quasi Castel di Sangro).

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Perfect Days

Perfect Days

Il rumore che una scopa di sagina fa sull’asfalto, e qualche ciottolo rimbalza, è la sua sveglia. I gesti si ripetono uguali: piegare le coperte e il materasso, riposti per la sera; innaffiare le piantine del giardino d’inverno, compagnia viva della casa; lavare i denti, indossare la tuta di lavoro; uscire di casa, comperare un caffè in lattina; avviare il motore del furgoncino e andare in centro, immerso nel suono di una canzone.

Il lavoro è pulire i gabinetti pubblici di Tokio.

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