Angelo e Alfredo Persichilli all’Oratorio del Gonfalone
Angelo Persichilli è uno dei più grandi flautisti italiani. Negli anni ottanta e novanta dello scorso secolo contendeva la scena, per sensibilità e tecnica, al più celebrato Severino Gazzelloni a cui andavano le preferenze del pubblico romano innamorato della musica e dei nomi altisonanti. Ora come direttore artistico della stagione musicale dell’oratorio del Gonfalone ha preparato, pur nelle moderate disponibilità economiche, un programma di tutto rispetto all’interno del quale appare anche come interprete, insieme al figlio Alfredo, in un concerto interessante ed inconsueto per duo flauto e violoncello.
Il concerto propone pagine straordinarie e poco ascoltate, da Bach a Villa Lobos; però, prima di affrontare il discorso musicale, vogliamo raccontare il luogo e l’atmosfera.
L’oratorio del Gonfalone è un edificio che si affaccia sull’omonima strada, tra la famosa via Giulia e lungotevere, ed è fortunatamente poco noto: bisogna aggiungere che moltissime bellezze artistiche ed architettoniche romane rimangono sconosciute ai più e questo è un bene poiché, mentre restano al riparo delle volgarità, costituiscono splendide scoperte per chi vi si imbatte. Fu costruito per una confraternita, potente fino alla fine del XVIII secolo, che aveva tra i suoi scopi anche quello del reinserimento dei carcerati nella società civile; difatti l’edificio è attiguo alle antiche carceri pontificie. La sua costruzione risale alla seconda metà del ‘500; l’interno, elegante e severo, è completamente affrescato con scene della passione di Cristo per l’opera di straordinari pittori dell’epoca, tra i quali fa spicco il nome di Federico Zuccari.
Dopo il 1870 fu abbandonato al suo destino, fortunato in questo caso: come deposito dei carrettini per la nettezza urbana resistette fino al 1950 grazie al rispetto degli “spazzini” che accendevano sì il fuoc, per riscaldarsi in inverno, ma senza intaccare la struttura lignea che circonda le tre pareti dell’oratorio e senza danneggiare o imbrattare gli affreschi. Nel 1952 un personaggio importante per l’organizzazione musicale romana contemporanea, il Maestro Gastone Tosato, riuscì ad ottenerlo come sede del Coro Polifonico Romano. Per questo la struttura si presenta intatta anche negli arredi settecenteschi e, soprattutto, possiede un’acustica straordinaria, favorita dal soffitto ligneo bello e severo.
Il pubblico dei concerti è formato da una grossa componente di abitué, che si riconosce e si incontra come in una riunione di quartiere, attirata anche dal costo ragionevole dei biglietti, ed un numero più o meno elevato di curiosi, amanti dell’arte e turisti in cerca di atmosfere.
L’organizzazione è quasi a conduzione famigliare, ma competente e rispettosa nonostante il problema di far quadrare i conti.
Il concerto di giovedì 30 marzo ha avuto due risvolti: la prima parte, di musica barocca, leggermente grossolana con il violoncello troppo preminente in un equilibrio sonoro un precario ed impreciso; la seconda parte, romantica e contemporanea splendida. Preferiamo concentrarci su quest’ultima, aperta da un tema con variazioni per violoncello solo correttamente interpretato da Alfredo Persichilli che, finalmente, si è lasciato andare ad un coinvolgente rapporto con la musica ed il pubblico, e conclusa da un brano di Villa Lobos interpretato con facilità espressiva dal flauto e dal violoncello ben amalgamati ed in grado di discorrere e di farsi intendere con libertà ed armonia.
treamici