Anna Marchesini interpreta Alan Bennett
“La cerimonia del Massaggio” di Alan Bennett
Traduzione e adattamento di Anna Marchesini
Con Anna Marchesini
Scene e costumi di Sibilla Ulsamer
Regia Anna Marchesini
Teatro Persiani, 29 – 30 ottobre 2005.
La città di Recanati è meta di “pellegrinaggi” da tutte le parti del mondo, di quanti vogliono camminare per le stesse strade percorse da Giacomo Leopardi, percepire i suoi passi, capire i suoi pensieri e discernere il motivo per cui questo splendido adolescente se ne volle fuggire. Visitando il Palazzo dei Conti Leopardi si intende come tuttora la famiglia sia piuttosto infastidita da quella notorietà planetaria, promossa a discapito del buon nome degli antenati.
Si può apprendere infatti, per voce di una guida frettolosa, di come il vero genio della famiglia fosse stato Monaldo – padre di Giacomo, che raccolse la splendida biblioteca aperta al pubblico – e non quel figlio un po’ sporco e disgustoso che causò il discredito della famiglia per omnia saecula saeculorum. La solerte guida spiega, così, come fosse la finestra aperta sulla piazzetta a generare “il sabato del villaggio” ed un podere che sovrasta il palazzo a dettare “l’infinito”. Naturalmente, l’omosessualità del poeta è liquidata come “cattiva inclinazione d’animo e scarsa attenzione all’igiene”.
Come avrebbero accolto, i buoni recanatesi, l’annuncio dato da Anna Marchesini del compianto funebre di un “massaggiatore” noto soprattutto per le sue prestazioni sessuali, così come descritto da Alan Bennett?
“La cerimonia del massaggio”, pièce andata in scena domenica 30 ottobre nel bel teatro Giuseppe Persiani, ha registrato un clamoroso tutto esaurito di pubblico, probabilmente richiamato dal nome dell’attrice televisiva più che dall’autore inglese, noto solo per quanti leggono con assiduità.
La storia di Clive, professione massaggiatore, è succinta come il perizoma che indossava – e per poco – nello svolgere il proprio mestiere: nero, bello, dotato, in tutte le tecniche inerenti il corpo era in grado di soddisfare il bisogno di piacere di uomini (soprattutto) e donne. Che sapesse corrispondere alle richieste sessuali lo sapevano tutti, ma quante ne riuscisse a soddisfare fu rivelazione della cerimonia di commiato. Persone dello spettacolo, della moda, della cultura, semplici professionisti di entrambi i sessi lo appresero non senza l’imbarazzo di vedersi reciprocamente scoperti.
E il pubblico? Al primo ammiccamento dell’attrice, giù risa; al primo “caz…” appena accennato applausi con trasporto; all’imbarazzato accenno di omosessualità, di un personaggio femminile che aveva immaginato uno speciale interesse, un’ovazione per la brava attrice che dava voci e accenti diversi ai diversi personaggi. Il testo è godibilissimo e risulta pieno d’ironia verso l’ipocrisia universale di quanti credono di farla franca: il prete assolutamente spirituale, l’attore machissimo, la modella chiusa nel suo riserbo. Il culmine è raggiunto nel momento in cui la Marchesini – predicatore accenna alle cause della morte prematura: un’esplosione esilarante di personaggi e commenti si risolve in una distensione, anche per gli spettatori presenti in sala, nella comunicazione della negatività all’HIV per tutte le analisi del sangue del compianto Clive.
La tecnica recitativa della Marchesini è sperimentata in anni di attività: marcatura delle consonanti doppie, sibilo della s, impostazione nasale del suono, incertezze studiate a bella posta, silenzi calcolati sulla reazione del pubblico, movimenti del corpo misuratissimi ma ampliati nel voler far intendere senza parole.
La bravura dell’attrice e l’intelligenza dell’autore hanno permesso ai presenti di tornare a casa tranquillizzati sulla possibilità di coltivare piccoli sotterfugi sessuali – soprattutto omosessuali – senza gravi traumi: in fondo siamo tutti nella stessa barca.
E il poeta? No. Nei suoi confronti l’imbarazzo rimane perché non è credibile che uno sappia scrivere di “sovrumani silenzi” e possa avere un’erezione pensando all’amico del cuore.
treamici