Monica Guerritore – Giovanna D’Arco

Monica Guerritore – Giovanna D’Arco

giovanna d'arco   La figura di Giovanna d’Arco si staglia nell’immaginazione collettiva con la forza del mito, ancora per quel poco tempo che i mezzi di comunicazione di massa concederanno alla cultura. Poi anche la santa martire dell’integralismo cattolico scomparirà dietro le sigle dei “reality” televisivi, in compagnia di tanti altri che la scuola pubblica ha dimenticato per amor di globalizzazione.
In questa potente figura gli elementi del mito sono tutti presenti: la giovinezza, la povertà, la determinazione, la chiamata di Dio, la riscossa dalla condizione di servitù, la fine, la scomparsa di ogni sua traccia.I testi che contribuiscono all’adattamento teatrale sono tratti da Giordano Bruno, Régine Pernoud, Pietro Citati, dagli atti del processo, resi noti per volontà di Giovanni Paolo II, e da alcuni testi di riferimento accuratamente indicati nel programma di sala. Attraverso una costruzione impressionista, gli elementi della giovane vita appaiono nello spettacolo sparsi in tanti frammenti e, come in un caleidoscopio, formano un quadro che, all’accensione delle luci di sala, svanisce lasciando il posto alla domanda su quale significato volesse rappresentare.
Riflettendo con calma, ripercorriamo le impressioni avute: Monica Guerritore è una grande attrice e, in una fredda ed umida serata di febbraio, in un teatrino di un paesino nella splendida regione delle Marche, ha dato prova esaltante di sé come Giovanna D’Arco e Monica insieme. Sembrava identificata, almeno in parte, con un personaggio che si presta a molteplici interpretazioni psicologiche e teatrali: un po’ Antigone, un po’ Medea, un po’ Maria, un po’ la ragazza spaventata dalla misura di grandezze insondabili. Giovanna-Monica è una donna in cerca di sé stessa, di una voce interiore che le permetta di superare il piccolo involucro di carne e stracci così modesto e frustrante per diventare da serva principessa, anzi principe. Così l’attrice sembra voglia dire qualcosa al pubblico, lanciare un messaggio ed in effetti alla fine lo fa esplicitamente, nei ringraziamenti per i molti applausi: noi gente qualsiasi possiamo essere diversi, ribellarci come Giovanna.Ma il messaggio è ambiguo. Possiamo ribellarci ai luoghi comuni? Allora ci vengono in mente i “tipici” visuals, pur belli di Enrico Zaccheo, che ormai accompagnano qualsiasi “operazione” teatrale un po’ d’avanguardia o le “solite” sfruttatissime musiche di scena, splendide, come i Carmina Burana di Orff o l’Adagio di Barber. Ribellarci all’integralismo religioso? Allora ci ritornano le immagini di una Giovanna con la spada in pugno che uccide e vuole vedere i nemici agonizzanti. Ribellarci alla morte? E allora ci viene in mente la povera ragazza diciannovenne che vorrebbe abiurare per paura e viene soffocata da una mano pietosa prima che le fiamme l’avvolgano. Ribellarci alla disuguaglianza? Allora ci viene in mente la bella Monica che fa ricorso a tutta la bravura per somigliare a un uomo: Giordano Bruno, Che Guevara, Giovanni Paolo II perdere il segno dell’identità sessuale indossando jeans e maglietta, un gambale ed un bracciale sul lato sinistro e brandendo a due mani una spada.
Rinnovando i complimenti alla grande attrice rimane un’ultima riflessione, generata dalla lettura del suo commento “Portando alle persone questi testi, queste parole, non si rimane distanti da quegli uomini e quelle donne che hanno saputo guardare le stelle”: per guardare le stelle c’è bisogno di strumenti migliori della semplice esaltazione.

treamici

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