“La famiglia tra tradizione e innovazione”
di Paola Binetti, Edizioni Magi
Lunedì 22 Giugno – ore 17.30 – Pontificia Università della Santa Croce – Aula Alvaro del Portillo
Sulla famiglia si spendono moltissime parole – spesso contraddittorie – in merito alla sua importanza; al suo essere a fondamento della società; all’esigenza della sua rivalutazione; alle minacce della modernità verso la sua struttura ed i relativi opposti: la traumaticità dell’educazione; la genesi delle malattie sociali; la necessaria fuga dalla famiglia, il diritto alle pratiche di divorzio ed aborto.
Come fatto etimologico la famiglia risulta dal complesso dei famuli (coloro che vivono in casa): nell’antica società domestica romana, vi andavano compresi quanti fossero sottoposti all’autorità del pater familias. Qualsiasi definizione risente molto evidentemente delle influenze culturali, tuttavia viene sovente proposto un concetto ritenuto “naturale”: quello della famiglia composta da padre, madre e figli.
Questa presunta naturalità già si scontra, per lo meno, con le ragioni etimologiche.
Il libro di Paola Binetti è una lunga requisitoria a favore della famiglia naturale ovverosia, aggiungiamo noi, della famiglia occidentale piccolo borghese: non è chiaro se esso debba essere considerato una difesa d’ufficio della nostra tradizione “tout court” oppure voglia introdurre una tematica a sostegno dei componenti più deboli della famiglia – i figli – che, però, a tutti gli effetti ne risultano i soggetti più rappresentativi, visto che conferiscono ad essa un valore fondante.
Nella visione dell’autrice, il desiderio di costruire una famiglia acquisisce valore sociale qualora comprenda la volontà di procreare: in questo caso gli sforzi dei coniugi debbono tendere al bene della famiglia nel suo insieme più che al raggiungimento del successo personale di uno dei suoi componenti, figli inclusi. Solo così si può chiudere il circolo virtuoso per il quale l’educazione dei figli diviene a sua volta fondante nella trasmissione dei valori famigliari. Di qui l’esigenza, dell’autrice, di suggerire un cambiamento di prospettiva rispetto a quanto le innovazioni inducano in termini di aspettative esistenziali e di processi educativi: i genitori dovrebbero trasmettere ai figli la cura della famiglia piuttosto che l’ambizione personale.
Leggendo il libro non ci sono sfuggite le “buone” intenzioni della psichiatra, tolta la tara di alcune affermazioni dogmatiche (che ufficialmente dichiara di evitare) e di alcuni millenni di storia crudele ed avara da cui è emersa la famiglia tipo della società piccolo borghese – cui l’autrice si riferisce – che, per la verità, tenta di uccidere definitivamente qualsiasi sentimento che ad essa si oppone.
Il libro è concepito come una poderosa rassegna bibliografica che segue tre linee convergenti: la “naturalità” della struttura famigliare nucleare; l’interpretazione dei cambiamenti sociali e le conseguenze sulle dinamiche famigliari; le raccomandazioni per la tutela della tradizione attraverso i processi educativi.
L’autrice sostiene la necessità di un approccio multiculturale che rifugga da una visione di parte, ma prende le mosse da un assunto non dimostrato: la naturalità della famiglia costituita dall’insieme della coppia eterosessuale e dei figli da quella generati. Il dato sembra inequivocabile dal punto di vista biologico, ma non si può dare affatto per scontato che quella rappresenti la struttura base di ogni società del passato e del presente.
Accettata comunque la premessa, le considerazioni successive sembrano convincenti; ad esempio sembra condivisibile l’affermazione che: “La legge sul divorzio non ha favorito la riflessione sulla responsabilità sociale che il far famiglia comporta, sopratutto quando ci sono dei figli. Partendo dalla crisi personale nell’ambito della vita di coppia, si è innescato un processo di deriva affettiva che ha colpito tutta la società” (pag.21) perché quella legge ha fortemente svalutato l’importanza attribuita al matrimonio e alla visione del ruolo genitoriale: ha influito positivamente, per una più responsabile assunzione di ruoli sociali, ma ha fortemente ridotto la spinta a formare nuove famiglie.
L’aspetto maggiormente critico verso i cambiamenti sociali, sottolinea l’autrice, è la pretesa di una realizzazione personale a discapito di quella famigliare: i miti del successo e dell’affermazione individuale hanno scalzato i precedenti modelli educativi; nel salto generazionale essi possono contribuire a generare un tipo di famiglia strutturata sull’egoismo. Afferma infatti: ”La trasmissione dei valori non è certo un processo rigido, ma presenta un meccanismo interno che lo rende contesto-dipendente, per quanto attiene al linguaggio e alla specifica sensibilità sociale. I valori vengono continuamente negoziati, definiti e ridefiniti e se non sono adeguatamente rinforzati possono anche diventare silenti, fino al punto da sembrare scomparsi.” (pag. 110).
Aspetti negativi si avvertono anche nella formazione dell’identità sessuale: se la spinta omosessuale costituisce un ingrediente fondamentale del processo di crescita, sotto l’influenza del modello educativo individualista-edonista essa porta alla scelta di una sessualità centrata sul proprio piacere più che sull’assunzione di responsabilità.
Nelle conclusioni si auspica il ritorno alla trasmissione di valori che rafforzino il senso sociale della relazione, per ricostituire un patrimonio di “cultura” della genitorialità che i cambiamenti sociali stanno sgretolando: “Nella dialettica psicologica che contraddistingue il rapporto di ognuno di noi con i propri genitori e successivamente con i propri figli gioca un ruolo determinante il genitore interno. Il genitore interno è un mix del genitore reale con i suoi comportamenti concreti e le sue azioni e le sue reazioni, i suoi giudizi e i suoi pregiudizi e il genitore virtuale presente nella memoria del figlio.” (pag.225).
Paola Binetti è neuropsichiatria dell’infanzia e psicoterapeuta.
Direttore del Dipartimento per la Ricerca Educativa dell’Università Campus Biomedico di Roma è stata Presidente del Comitato Scienza e Vita per il Referendum che chiedeva l’abrogazione della legge 40.
È membro del Comitato Nazionale di Bioetica e Deputato nel Partito Democratico. Il suo campo di studi è la famiglia, l’educazione terapeutica e la formazione.
Vanta più di 200 pubblicazioni.
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