Passion
concerto per voce recitante ed ensemble orchestrale
Missa Luba
per soprano, coro misto e percussioni
Divinamente Roma – Basilica di Santa Maria in Trastevere
Nel periodo pasquale Roma offre molteplici occasioni culturali: dagli splendidi riti religiosi – attualmente un po’ in tono minore ad eccezione della Via Crucis papale, a causa del comunismo-consumista (la globalizzazione) che accelera i ritmi e non consente riflessioni – ai tanti spettacoli teatrali e musicali, almeno in parte dedicati a questo particolare periodo.
Siamo stati attirati dai tanti titoli e qualcosa abbiamo potuto apprezzare rallentando la nostra personale frenesia ma, soprattutto, non abbiamo voluto mancare al concerto del festival “Divinamente Roma” nella Domenica di Pasqua.
Il festival, sotto la direzione artistica di Pamela Villoresi, è giunto al terzo appuntamento e vanta un crescente successo anche grazie alla valida organizzazione di Eva Pogany e Debora Meggiolaro.
La forza della manifestazione scaturisce dall’accurata scelta degli spettacoli, provenienti dalle varie contrade del mondo, dai validi interpreti e soprattutto dalla capacità di indovinare le collocazioni più suggestive che la città di Roma consente. Ottiene così una straordinaria fusione tra le arti: musica, teatro, danza, architettura, scultura e pittura in un insieme che (quasi) non consente confronti; l’evento cui abbiamo assistito nella Basilica di Santa Maria in Trastevere rappresenta un esempio calzante.
Il concerto prevedeva il brano introduttivo “Passion” scritto e diretto da Paolo Lepore, recitato da Silvia Budri Da Marin ed accompagnato da una compagine di fiati (tromboni, tromba, clarinetto), tastiera e batteria. Il testo piuttosto suggestivo, incentrato sulla passione di Cristo secondo la Vergine Maria, propone alcune ingenuità: intanto il titolo in lingua inglese rimanda a qualcosa di cinematografico piuttosto che spirituale o teatrale; inoltre fa ricorso ad alcune espressioni “post-mariane” (ad esempio una parte della preghiera Ave Maria) e si avvale di citazioni incoerenti con il periodo storico cui fa riferimento (sempre che si parli della Maria e del Cristo vissuti in Palestina circa duemila anni fa). Un ultimo argomento di portata più sociologica ci spinge a proporre un ragionamento. Da alcune decine di anni la cultura di consumo psicologista presenta le problematiche sacro-esistenziali in termini di deprivazione sessuale: così è considerato il sacerdozio cattolico, ma così sono anche considerate le vocazioni alle pratiche dell’arte o della ricerca scientifica. Che la sessualità sia importante ed impregni la vita individuale e sociale in maniera profonda, come la psicoanalisi ha insegnato da Freud in avanti, non deve significare che ogni aspetto interiore si esaurisca o si debba necessariamente esaurire in una “produzione” sessuale (così come tutto indica attualmente). Ricollegandomi al pensiero di Sandro Gindro, intendo dire che l’essere umano oltre ad essere una vescicola che si riempie e si svuota, è anche un soggetto pensante e desiderante: “fatti non foste a viver come bruti/ ma per aver virtute e conoscenza”.
Cioè esiste anche il piacere del desiderio, oltre al desiderio del piacere: perciò non ha alcun significato chiedersi se Gesù avesse o no avuto rapporti sessuali con Maria di Magdala (la Maddalena), oppure se la Vergine Maria fosse poi rimasta vergine a tutti gli effetti anche dopo la maternità. Al di là della loro dubitabile portata storica, queste sono domande futili la cui volgarità non dipende dalla sessualità, che rimane sacra, ma dalla volontà di svalutare ogni cosa non risulti accessibile al consumo più banale: ciò che non è alla mia portata non esiste.
Leggendo e comprendendo la Divina Commedia o un trattato di fisica delle particelle elementari diventerebbe una domanda interessante chiedersi se l’autore abbia scritto quelle cose prima, dopo o in assenza di un rapporto sessuale: purtroppo, invece, la domanda viene posta da chi non legge né il poema dantesco né, tanto meno, un libro di fisica.
La volontà di svalutare e volgarizzare ci illude di vedere rimesso il debito da noi contratto: non vorremmo dare nulla in cambio per quanto abbiamo ricevuto, perché viviamo in una società consumistica, invidiosa ed avara.
Silvia Budri ha letto ed interpretato questa “Passion” con una impostazione che lasciava intravedere “la mano” di Pamela Villoresi: voce profonda, lentezza nel parlato per consentire il dipanarsi degli armonici vocali nell’atmosfera riverberante della basilica, velo nero che ricopriva il capo e tutto il volto mentre camminava. La sua Addolorata lamenta il proprio dolore di donna privata della femminilità; espropriata in cambio di nulla?
La musica, di impianto jazzistico, commentava il tutto in maniera abbastanza convenzionale a parte l’apprezzabile marcia funebre finale, coinvolgente e ben interpretata da alcuni elementi dell’Orchestra Filarmonica Mediterranea.
Di grande livello è stata la celebrazione della Santa Messa che ha accolto le parti cantate dalla Missa Luba, ispirata a canti tradizionali congolesi, arrangiata dal frate francescano Guido Hazam per soprano coro misto e percussioni. Il celebrante, Don Matteo (sembra l’involontario riferimento ad una fiction) ha subito chiaramente fatto comprendere che non si trattava di un concerto ed ha impostato la celebrazione eucaristica ad un livello religioso, culturale ed artistico raramente raggiunto. Dettando i tempi d’ingresso delle parti musicali e guidando anche i fedeli (o spettatori) nelle parti della Messa ha contribuito ad colmare di un significato più intenso le melodie molto ben interpretate da Zara Mc Farlane, soprano dalla voce libera e dalla coinvolgente capacità ritmica. Un tocco di esotismo era dato dai due percussionisti (bianchi) vestiti con abiti tradizionali congolesi (crediamo). Un po’ esile risultava il coro, aiutato nelle intonazioni da una tastiera, non prevista nella partitura e seminascosta dietro un pilastro.
La partecipazione emotiva è stata notevole e lo stesso celebrante, un po’ emozionato, a conclusione della celebrazione religiosa ha lasciato la possibilità di ripetere alcuni bis. Abbiamo, come altre volte, apprezzato il notevole senso dello spettacolo del Maestro Paolo Lepore per la perfetta sintonia che è riuscito ad ottenere con il pubblico.
pietro de santis