Bisognerebbe abolire il natale?
Cresce sempre di più una sorta di movimento di protesta contro il natale. Ne sono fautori molti intellettuali che riconoscono in questa data l’elemento scatenante di diversi mali: innanzitutto il consumismo. Le spese scatenate sono sempre meno giustificate e, tuttavia, gli sprechi costituiscono una parte essenziale di queste festività.
Poi le ipocrisie. La facilità con la quale si ostentano buoni propositi la dice veramente lunga sulle reali intenzioni nei confronti del bene; così l’ipocrisia trionfa: tutti sono costretti a comperare regali (vedi punto precedente) da offrire a persone insopportabili e si manderebbero reciprocamente al diavolo se non fossero preoccupati della brutta figura.
Ancora i momenti di depressione. In queste festività natalizie si scava sempre più profondo il solco tra chi ha molto e chi non ha niente, soprattutto in termini affettivi o di salute: chi è malato percepisce la propria condizione ancora più drammatica e chi è solo vede aperto davanti a sé il baratro; chi è in conflitto con qualcuno si avvolge nella disperazione e persino chi dovrebbe essere felice si domanda se i propri sentimenti corrispondano al vero.
Infine il maschilismo. Il natale significa, troppo spesso, che le madri si sobbarcano un sovrappiù di fatica perché, oltre al lavoro quotidiano, compete loro la ricca preparazione di pranzi e regali e, inoltre, la recita di un ruolo “angelicato” necessario per mantenere l’armonia della festa, mentre i loro mariti gozzovigliano e danno ordini prepotentemente; oppure si abbattono su divani, depressi ed incapaci di dire o fare qualsiasi cosa; oppure ancora non nascondono di attendere l’ora di “evadere” da quella situazione estenuante e correre verso lidi più felici rappresentati dalla partita di calcetto, dal cinema o, per i più fortunati, dalla crociera o dalla vacanza ai tropici.
Senza poi tener conto dello stress dei giorni precedenti e di quelli successivi…
Ma poi ‘sto natale che ricorda? La nascita di Gesù, sempre che sia nato per davvero e che non sia tutta una “bufala” inventata dai preti per fare quattrini… nato da Maria Vergine, ma chi ci crede più ormai.
Altri tempi: forse in altri tempi avrebbe pure potuto avere un significato, data l’ignoranza, ma ora all’epoca di internet…
Ma poi perché questo bisogno del natale in mezzo all’inverno, insieme ad altre feste più divertenti: il capodanno, l’epifania. Tutto insieme, perché?
Ho intervistato, in merito al Natale, una persona cui riconosco un grande credito. Si tratta di una persona poco acculturata, che legge molto ma non sono sicuro capisca tutte le parole (speriamo non legga queste mie). La tale persona mi ha detto che la parte bella del Natale non esiste più. La parte bella è la preparazione, l’attesa (l’Avvento direbbe qualcuno). Invece il giorno precedente al natale (notate la lettera minuscola) è equivalente ad un qualsiasi sabato, solo più frenetico, e nel giorno della festa in realtà è tutto già finito. Ricordate Giacomo Leopardi ed “il sabato del villaggio”?
“…Questo di sette è il più gradito giorno,
pien di speme e di gioia:
diman tristezza e noia
recheran l’ore, ed al travaglio usato
ciascuno in suo pensier farà ritorno. …”
Eh già… ma nella festività del Natale è, per l’appunto, compreso l’Avvento: addirittura quattro settimane di preparazione e, dieci giorni prima, una preparazione ancora più accurata nella “Novena di Natale” liturgia in cui si canta il meraviglioso inno del Magnificat: “L’anima mia magnifica il Signore e si allieta il mio spirito in Dio mio salvatore…”. Quindi quella illuminata persona che ricorda Leopardi, forse senza rendersi conto, e la liturgia del Natale mi ha fatto notare qualcosa di cui, nelle invettive precedenti, non avevo tenuto conto.
Ritorno con il pensiero, perciò, al Natale: cosa si festeggia? La nascita di Gesù, il bambino divino, e l’omaggio che fecero a Lui genti povere e persino saggi uomini potenti. Ma tutta ‘sta storia di Gesù non si può credere al giorno d’oggi… non c’è altro? Si dice per esempio che la festività della nascita di Gesù sia stata introdotta (dopo il secondo secolo) sovrapponendola a quella del sole (solstizio d’inverso) per combattere il paganesimo; oppure sovrapponendola alla festa ebraica della luce: gli studiosi del settore, però, non ne sono completamente convinti o, meglio, le fonti storiche non sembrano definitivamente conclusive.
Va un pensiero alla mia infanzia e all’infanzia in genere: il piacere del desiderio la pervade. Il Natale rappresenta il piacere del desiderio che può essere, anche, espresso nella forma minimalista del piacere di un regalo inaspettato. L’attesa del Natale coltiva questo desiderio e la lettera indirizzata a Gesù Bambino, sostituita nel tempo dalla lettera a babbo natale (importante comprendere il senso della sostituzione), lo fa fiorire di mistero: essa verrà esaudita oppure no? la potenza di Gesù Bambino arriverà a tanto? Il tutto si confonde nel mistero: il timore che il desiderio venga frustrato, magari per qualche cattiva azione, fa sì che esso stesso sia pervaso di giudizio e senso critico: “Lo so di aver fatto arrabbiare la maestra e di non avere obbedito al papà…”
I bambini scrivendo a Gesù Bambino si pongono, in un certo senso, in un regime di autonomia: un ragionamento, alcune richieste espresse da pari a pari. I genitori sono chiamati a rispettarle, se possono.
E proprio il senso del rispetto è il significato del Natale, il rispetto del più debole: i potenti si inchinano dinanzi al debole e gli offrono i doni più ricchi.
Il rispetto del più debole. La nascita del Salvatore irrompe in una cultura che, pur nella sua splendida bellezza, non attribuiva alcun significato al debole: povero, schiavo o bambino che fosse la sua vita non gli apparteneva e chiunque potesse vantarne il diritto decideva di stroncarla in qualsiasi momento. Il mistero del Natale ha introdotto il rispetto del debole, dell’indifeso. La sostituzione di Gesù Bambino con Santa Klaus, o babbo Natale che sia, non è per nulla trascurabile: il mistero viene stracciato ed il rispetto del più debole cancellato attraverso il più stupido consumismo.
Anche le pubblicità dedicate al natale (notare la minuscola) hanno perso di mordente: propongono ne più ne meno che qualche suggerimento già riciclato nel corso dell’anno, neanche particolarmente attraente, visto che tutti regalano qualsiasi cosa ai propri figli ogni settimana pur di toglierseli di torno… ma qualche pubblicitario ha compiuto il passo successivo, logico e osceno: la sostituzione di babbo natale con la giovane sexy e seminuda, in abitini rossi. Il significato sembra evidente: non c’è nessun mistero su cui riflettere e l’unica cosa che esiste è quella che puoi comperare.
Si dice che sulla tomba del ricchissimo Sardanapalo fosse incisa la seguente epigrafe: “Ebbi tutto ciò che desiderai, appropriandomene con la sola mia potenza “ e che leggendola Aristotele commentasse: “si potrebbe scrivere la stessa frase sulla tomba di un bue”.
Bisogna abolire il natale.
(pietro de santis)
2 Replies to “Bisognerebbe abolire il natale?”
dici che il natale viene festeggiato per la nascita di gesù, ma sarebbe meglio dare importanza al capodanno e all’epifania che non ci sarebbe se non ci fosse stato gesù, te sei contraddetto da solo
Buongiorno. E’ curioso ricevere un commento undici anni dopo avere scritto un articolo… Vorrei solo dirle che forse non ha letto con attenzione. Però la ringrazio di averlo notato e la saluto augurando per tutti un buon 2021