Arrivederci!
Sì scusa…uso Linux, che è leggero, ma non sempre funzionale. Buona giornata
Laura è una bambina di sette anni, con gravi difficoltà scolastiche dovute – anche – ad un ritardo nel linguaggio, a seguito di crisi epilettiche trattate sin il 2010. Ha terminato da poco la prima elementare e si nota, palesemente, come la sua situazione scolastica, sia problematica; lo si capisce aprendo un qualsiasi quadernone a caso…..
A fatica si comprende l’appunto dei compiti da effettuare, a volte anche il suo nome è illeggibile.. però ricorda a mente i compiti da svolgere per il giorno successivo… Sono quaderni trasandati, i suoi: guardo le pieghe delle pagine e le foderine sgualcite, poi passo in rassegna la casa dove vive, e la magliettina che indossa….
L’ultima diagnosi neurologica ha dato esiti positivi per quanto concerne l’EEG, mentre è meno ottimistica la relazione clinica riguardante lo stato degli apprendimenti e le difficoltà in ambito scolastico. Riporto brevemente i punti salienti:
– organizzazione cognitiva nei livelli della norma, attesi per età e scolarità, così come la memoria a breve termine
– capacità attentiva, nella sua componente selettiva, adeguata, sia in termini di correttezza che di velocità di risposta; la capacità attentiva nella sua componente sostenuta è invece al di sotto dei limiti della norma. Inoltre leggo che per questa prova Laura ha necessitato di un continuo e ripetuto riorientamento al compito da parte dell’esaminatore ed ha spesso parlato durante l’esecuzione dei test verbalizzando la propria stanchezza, o chiedendo cosa avrebbe dovuto poi fare.
– strumentalità di base della scrittura al di sotto della norma
– strumentalità di base della lettura nei livelli di norma
– apprendimento matematico nella norma
Gli esperti parlano di Disturbo da deficit di Attenzione/iperattività. Tocca, quindi, ora alla scuola attivare tutti gli strumenti dispensativi e compensativi espressi nella Circolare Ministeriale in materia di BES. La pediatra prepara a questo punto una richiesta di invalidità.
Conosco Laura solo da due mesi. La madre, di origine slava e con una scarsa proprietà della lingua italiana, mi aveva esposto i problemi neurologici della figlia, e chiesto di contattare maestre e logopedista (la quale conosce Laura dall’ingresso alla scuola materna).
Ho avuto molto piacere nel dialogare con quest’ultima, cui riconosco la bravura nell’interpretazione dei bisogni della bambina. Non faccio, invece, nessuna ovazione alle insegnanti (la colpa ricade sempre su genitori e insegnanti…), serbando con me la sensazione di disgusto, di fronte una frase che etichetta una bambina di sette anni. Mi associo al pensiero della logopedista: entrambe non conveniamo su quanto scritto dagli esperti su di Laura.
Mi sono accorta, nel mio ripetuto rileggere la relazione, di quanto io stessa abbia sbagliato inizialmente nel lavoro con la bambina. Laura mi era stata descritta come un piccola studentessa con una situazione scolastica pessima ed il mio immancabile desiderio di aggiustare qualunque cosa mi aveva esaltato stimolando forse troppo il lavoro; ho fatto progetti mentali collocando futuri miracoli, conclamati e visibili in quaderni che diventavano perfetti, in foderine stirate con precisione, in un astuccio dai colori con una impeccabile punta, orientati nella stessa direzione….
Il mio desiderio prevaricava la bambina. Avrei voluto vederla brava senza passare in revisione ciò che poco brava la rende. L’ho forzata a scriver bene, come tutti fanno! ….forzare, rende abbastanza l’idea…
La prima volta che sono entrata in casa di Laura, l’ambiente degradato dell’ingresso ha svelato il problema. L’aria è viziata e le finestre di ferro, chiuse. Dentro è quasi buio. La bambina se ne sta semi seduta sul bracciolo di una poltrona sdrucita, coperta da quello che dovrebbe essere un copri divano, penzolante al lato destro.
Un grande ambiente «diviso» da un mobile; un tavolo in ogni vano ed una sedia da cornice. Le altre sedie appoggiate – per dare un senso di ordine alle pareti o poste ai lati dell’altro tavolo, quello più giù in cucina – tra loro diverse, e macchiate dagli anni.
La solitudine di questa bambina è grande quanto quella stanza disordinata, in cui gli oggetti non hanno una loro collocazione armonica ed i pensieri di Laura hanno la stessa coerenza attribuita allo spazzolino su di una mensola della cucina. Laura guarda la tv da sola, tutti i pomeriggi, in quella posizione? Ogni volta viene ad aprirmi, senza salutarmi, torna a semi sedersi sul bracciolo, incollata ai cartoni animati, come se nessuno fosse entrato.
«Mi saluti?»
«Ti ho s-salutato!»
«Non mi hai salutato!»
«Sii, ti ho sa-l-u-tato…»
Cominciamo a lavorare, ma prima dobbiamo trovare una matita, ammesso di trovare l’astuccio… Ma anche trovando l’astuccio, il temperino?…… Mi pongo come un dittatore, non tanto per la ri-stesura di un dettato la cui grafia oscilla tra l’aramaico e il cinese, ma nell’imposizione di pretendere ordine, in un luogo in cui la parola non possiede significato alcuno.
Laura ha due fratelli molto più grandi, nati da un precedente matrimonio. Uno dei due mi incanta. Vive a Forlì, credo, dove frequenta l’ultimo anno di accademia militare. Mi ha conquistato mostrandomi gli appunti di «direzione del vento nel volo». L’altro fratello lavora all’estero. Entrambi si fermano nella casa natia, solo per un breve periodo ne corso dell’anno.
«Laura, dov’è mamma?»
«Nn-on l-lo so…»
«Papà?»
Dopo la seconda volta, non ho infierito ed ho smesso di chiedere… Il padre è un agricoltore di circa sessant’anni, sposato in tarda età e che, a quanto dice la logopedista, non riesce a imporre alla figlia nessuna privazione. Quindi, dovrei intuire che Laura sia una bimba viziata? Resterebbe, comunque, una piccola viziata, sola…
…..Ho imparato che chi gode di troppe attenzioni, potrebbe mostrare gli stessi problemi di chi attenzioni non ne riceve affatto. Sembrano facce della stessa medaglia, queste due condizioni. Leggo e rileggo la relazione clinica, mi procuro quanto più materiale posso su quel che concerne l’ADHD, faccio qualche equazione mentale tra Laura e la sintomatologia. In effetti, la bambina, non mantiene un’attenzione prolungata… però….
Per una settimana mi sono svegliata con gli appunti accartocciati ai margini del letto, rivisitandoli al mattino appena sveglia.
In settimana mi reco da Laura, suono, mi viene aperto, la rimprovero di non avermi salutato, lei corre verso la stanza, la minaccio di rimanere a dormire lì se non saluta, ascolto un flebile ma non ostile «ciao», la vedo incantarsi davanti la televisione, le chiedo di spegnere, prende svogliatamente il telecomando in mano, si alza con il viso rivolto alla tv spenta, esclamo che non avremmo scritto neanche una parola, quella mattina.
«Nn..on…ss..criviamoooo?»
«Non scriviamo Laura; leggiamo un po’, però, ok?»
Quel giorno su di un cartoncino ho disegnato le vocali, che lei ha ritagliato, incollato e colorato; abbiamo letto una breve storia e abbiamo parlato di noi, abbiamo corso intorno al tavolo, giocando con le lettere… Per Laura ero l’ennesima figura che la obbligava a scrivere, a leggere, a sapere ma soprattutto… a dover fare! Ho trovato il nocciolo…
E mi è venuta in mente un’immagine: una vita da adulto semianalfabeta, che indica la sua poca capacità scolastica, riferendosi alla «scuola dell’obbligo» quando era giovane… Poi ho visto Laura, una bambina, ed il suo diritto di essere accompagnata alla condizione di un futuro « poter scegliere». Ma non è quello il contesto in cui di alternative se ne possano avere.
Con questa bambina devo giocare, perché non è pronta per le regole sociali, che non conosce o che non vuole apprendere; tra giochi da tavolo, di movimento, e di ruolo…. impareremo ed interiorizzeremo alcune norme che vanno contenute e fatte proprie… e sono sicura che è la strada giusta.
Mi auguro che Laura, un giorno, abbracci la strada della conoscenza, ma questo non dipende da me; la mia esagerata curiosità mi porta a pensare che tutti dovrebbero leggere, esplorare, voler sapere…. ma devo cominciar a tener conto che ciò è un mio piacere… non una norma universale. Tuttavia, ogni volta, di fronte ad una bambina o un ragazzino, mentre impariamo a conoscerci, medito su quale sia la condizione che l’ha bloccato imprigionandolo nell’ostinazione di non voler proseguire oltre, e cerco al di là di ogni altra difficoltà la trappola attorno a lui costruita.
Per Laura ci hanno pensato gli adulti, ricamandogli addosso lo stigma di invalido.
Oggi è mercoledì; alle 11 parcheggio davanti casa, e questa bambina esce di corsa verso la mia auto, col libro in mano, la matita all’altra mano, chiedendomi se oggi pssiamo studiare tanto tanto.
«V-voglio finir-re tutto il libro» mi dice
«Attenta furbetta, che potresti essere accontentata»
Lunedì c’era il sole, ed ero rimasta brevemente con lei, fuori, saltando sopra alcune casse di plastica, con cui avevamo formato un percorso e che oggi erano ancora posizionate così: ho visto l’incuria di chi si occupa di lei, in quel tralasciare tutto così com’è, che un po’ è stata anche la mia…
Dentro casa sfoglio i libricini delle vacanze, mentre lei, entusiasta (forse di avere, per la prima volta, una persona che si impegni a capirla) vuole farmi vedere le pagine che ha completato e parla, parla, parla….
Poi, scherzando ho esclamato (neanche so il perché) mentre gli davo un pizzicotto sulla pancia: «eccola! pure tu allora mi vuoi bene???? »
Si è fatta tutta rossa ed è scappata in bagno,
«Guarda che tutti i bambini si innamorano di me»
«Non è vero» grida mentre torna. E mi viene ancora più da ridere.
Due sole pagine oggi… nulla di eclatante; due pagine sufficienti per imparare ad amare qualcosa che non conosce. La questione è lenta; non ha niente in comune al colpo di fulmine; è leggerissimo il desiderio che ti fa contare i minuti che mancano prima di tornare a casa e terminare «Piccole Donne».
In verità questa è la mia storia. E in questa storia, tanti anni fa, c’è stata una signora, il cui nome è sfuggito nel corso dei tempi, che mi aveva promesso un libro. Ringrazio questa signora, di cui conservo la lettera che accompagnava i (ben tre!) libri, che mi spedì.
Il mondo dovrebbe esser colmo di questi gesti, e meno ricco di imposizioni. Mentre vado via oggi Laura esclama «arrivederci!»; guidando sono serena perché, qualche giorno fa, l’ho rimproverata dicendole che si saluta sempre, all’arrivo e alla partenza: dimmi arrivederci! Mi vengano a raccontare che non apprende!
Mi auguro che la richiesta di invalidità venga rigettata, rifiutata e strappata; perché se è vero che è lecito emettere giudizi, non è invece umanamente perdonabile, firmare condanne.
Anastasia Gyorki