Conflitti etnici e religiosi nel mondo.

Conflitti etnici e religiosi nel mondo.

Venerdì 17 ottobre 2014 – Camera dei Deputati – Sala del Refettorio – Via del Seminario 76, Roma – Ingresso gratuito, prenotazione obbligatoria presso: segreteria@iprs.it – tel. 0632652401 – fax 0632652433

Le ragioni del Seminario

La spinta innovatrice della riflessione psicoanalitica, capace non soltanto di leggere le istanze inconsce nei soggetti singoli, ma di gettare luce anche sui fenomeni sociali più inquietanti, è sembrata arenarsi negli ultimi decenni. 

Da “Psicologia delle masse ad analisi dell’Io”, al “Disagio della civiltà”, sino agli scritti di Marcuse e Mitscherlich è indubbio, infatti, che sembrava non soltanto possibile, ma estremamente utile, operare una giunzione tra l’analisi della struttura pulsionale dell’individuo e il funzionamento dei gruppi sociali. Ancora negli anni settanta Franco Fornari tentava una lettura psicoanalitica del perché della guerre. Oggi la psicoanalisi stenta a proporsi quale possibile strumento di interpretazione degli eventi traumatici del vivere civile, e tuttavia questa vocazione a trasferire ai comportamenti collettivi i costrutti teorici risultanti dall’indagine psicanalitica dell’individuo è proseguita, anche se in modo meno rigoglioso. Le trasformazioni della struttura famigliare, la presunta evanescenza della figura paterna, e gli esiti in termini sociali di tali trasformazioni sono oggetto di molta dell’attuale pubblicistica. Di fronte, invece, a fenomeni che pur geograficamente vicini paiono così distanti dalla nostra esperienza quotidiana, quali i conflitti su base etnica e religiosa, si ha l’impressione di una sorta di disagio, quasi d’imbarazzo da parte di chi a vario titolo indaga l’evoluzione della società contemporanea.

Il risorgere, anche ai bordi dell’Unione europea, di conflitti che paiono rigettarci indietro di un centinaio d’anni (questo ripiombare alle soglie del novecento fu uno dei temi evocati durante il conflitto nell’ex-Jugoslavia) suona come un vero e proprio ritorno del rimosso, o se si vuole, assume il significato del ‘perturbante’, proprio per la sconcertante famigliarità che tali confitti evocano in tutti noi.

Ci pare, così, quasi doveroso sollecitare un’ampia riflessione psicoanalitica sul tema, anche in considerazione del fatto che molti psicoanalisti si trovano ad operare proprio in quei contesti in cui conflitti etnico-religiosi sono così fortemente presenti.

Non è, poi, da sottacere che seppure i paesi dell’Unione Europea sono al momento immuni da guerre fratricide, essi riconoscono una risorgenza di forti contrapposizioni a sfondo etnico e/o religioso, o, almeno, l’uso piuttosto spregiudicato di richiami etnico-identitari.

Appare, così necessario sollecitare una riflessione tra psicanalisti che per storie individuali, interessi disciplinari, o contesti sociali nei quali si trovano a vivere, sono fortemente sollecitati a chiedersi perché violenza e conflitti si articolino ancora così spesso intorno ai temi dell’appartenenza etnica o religiosa. Lungi dal volere affrontare il tema dell’origine del male e della violenza, pensiamo sia possibile invece chiedersi perché etnicità e religione contribuiscano ancora in modo così sostanziale, anzi per certi versi ancor più sostanziale, a dare senso all’identità individuale e di gruppo. A chiedersi anche perché questi vessilli identitari paiono particolarmente efficaci a far esplodere violenze efferate.

La giornata di studio, dedicata ad affrontare questi temi, vede la partecipazione di studiosi provenienti dall’Ucraina e da Israele, territori in cui la conflittualità etnico religiosa ha assunto ed assume le sue forme più drammatiche; ma anche da paesi come la Francia, in cui si alimentano voci sull’impossibile convivenza tra una crescente minoranza islamica ed una decrescente minoranza ebrea; o, ancora, dagli Stati Uniti alle prese sia con il continuo riproporsi di forme di radicalizzazione religiosa, sia con l’ancora irrisolta questione razziale.

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