Coppie scoppiate
Le coppie scoppiano, a Morrovalle come a Roma.
E perché scoppiano? Un po’ per noia, un po’ per non morir… ma la cosa non è così banale. Perciò tanto vale riderci un po’ su purché, alla fine, tutto si accomodi in un modo o nell’altro. Questa è la sintesi del testo di Derek Benfield, attore di media notorietà e prolifico autore del teatro comico inglese o, meglio ancora, teatro di situazione in cui si propongono, in rapida successione, serie di gags, collegate tra loro da una trama piuttosto esile.
Il fine è divertire, mentre un sottotesto di blanda critica sociale – sicuramente accettabile per qualsiasi ambiente della nostra (e loro) ipocrita società borghese – fa capolino per rendere meno immorale il tutto: le conclusioni, se sono liete e non scontentano nessuno, equivalgono quasi ad un “buon risultato”.
Così accade in Coppie scoppiate: i Brent e i Parker sono le coppie protagoniste. La “curiosità” della trasgressione e la voglia di evadere dalla quotidianità domestica rappresentano l’ingrediente essenziale degli intrecci che coinvolgono impacciati personaggi. In effetti la normalità è surreale, come evidenziavano Luigi Pirandello oppure Ionesco (ciascuno alla sua maniera); in essa ben si inseriscono individui strampalati: un vigilante affetto da disturbo ossessivo compulsivo con forti componenti voyeristiche (e fantasie omosessuali più che latenti); un amante alle prime armi e una domestica impicciona assillata da fantasie pornografiche.
Tutti gli “spassosi”, ma mortificanti, malintesi sono sostenuti dalla semplice frase: “c’è sicuramente una spiegazione logica”. La frase permette di mentire, purché la menzogna sia logicamente plausibile, avviluppando i protagonisti nella rete di una logica immobilizzante, costruita dalla cattiva coscienza (e questo è vero anche al di fuori del palcoscenico, cioè nel teatro della vita): ciò che non può essere dimostrato non è vero.
In questa ed in altre pièces, che prevedono la presenza in scena di molti personaggi, si evidenziano alcuni limiti strutturali del palcoscenico del Teatro di Morrovalle; ma qui, in particolare, la scelta di dividere in due parti la scena – per quanto sia potuta sembrare “logica” – è stata una cattiva soluzione: i ragazzi della Compagnia delle Rane erano costretti a recitare in una specie di immobilità, paradossale per una commedia basata sul ritmo e la frenesia. Ciò ha messo in evidenza – inevitabilmente – alcune pecche, soprattutto negli interpreti meno “navigati”: battute troppo urlate, imbarazzi “esistenziali” decisamente evidenti, confusioni “fuori testo”. Merito di un regista attento è trovare soluzioni “alternative” e non accontentarsi di quelle più rapide.
Ci è piaciuta una sorta di “professionalità” pur se amatoriale, degli interpreti: Giampaolo Fermanelli, Michele Palmieri e Nicoletta Vitali in particolare; e comunque ci piace sempre la passione e l’entusiasmo di tutti. Ci sembra invece un peccato che la stagione teatrale di Morrovalle sia stata ridotta ad un lumicino: bisogna sperare in un prossimo (e rinnovato) futuro?
pietrodesantis