Il Maestro e Margherita
Lo spettacolo Il Maestro e Margherita, tratto dal romanzo di Michail Bulgakov (1891-1940), con la drammaturgia di Letizia Russo e la regia di Andrea Barracco, non va perso.
Michail Bulgakov arrivò alla stesura definitiva di questo straordinaria opera dopo un lunghissimo lavoro preparatorio, fatto di molte riflessioni e di quattro successive riscritture. Il romanzo, pubblicato in USSR a puntate nel 1966/67 in una versione epurata, fu stampato per intero a Francoforte nel 1967; ma la versione definitiva, frutto di una ricostruzione attenta fatta da Lidija Janovskaja utilizzando tutti i manoscritti disponibili, risale solo al 1989.
La trama – in un ambiente anni trenta – è incentrata sulle persecuzioni politiche ai danni di uno scrittore, definito il Maestro, da parte delle autorità; e soprattutto sull’amore per Margherita Nikolaevna e sul suo riscatto grazie a una visita del Diavolo. Alla storia attuale s’intreccia quella del processo al Messia e di Ponzio Pilato, il crudele governatore della Giudea, raccontate da Levi Matteo, oggetto del contestato lavoro del Maestro.
Il testo dello spettacolo è abbastanza fedele al romanzo e ai numerosi episodi collegati fra loro, che si collocano su due piani narrativi: la società Moscovita, in cui compare Satana nei panni di Woland esperto di magia nera; e la Gerusalemme del procuratore romano Ponzio Pilato.
L’azione prende l’avvio nel parco degli stagni Patriaršie di Mosca, con l’intervento di Woland nella conversazione tra Berlioz, presidente della rivista letteraria, e il giovane poeta Ivan Nikolaevič Ponyrëv, detto Bezdomnyj cioè “senza casa”: egli afferma che Gesù è esistito davvero; che egli stesso ha assistito al suo processo; dichiara persino di essere stato ospite di Immanuel Kant a colazione. Lo scetticismo di Berlioz istiga Woland a predirne luogo, modo e momento della morte: tutta colpa di Annuska, una domestica che ha lasciato cadere una bottiglia d’olio sul marciapiede.
Il letterato esce dal parco e, giunto al cancello, trova la morte esattamente secondo la descrizione. Il giovane poeta Ivan ne è sconvolto e tenta di far catturare Woland ma, per una serie di equivoci, viene internato in un manicomio.
Nella stanza dell’ospedale Ivan riceve la visita di un altro paziente: uno scrittore condotto alla disperazione dal rifiuto della casta dei critici letterari nei confronti del suo romanzo su Ponzio Pilato. Il visitatore dice di essere un Maestro e di non avere più nemmeno un nome: rievoca la sua personale discesa verso la pazzia, ricordando l’amore improvviso esploso in un giorno di primavera per Margherita, una donna sposata; gli incontri segreti con lei nel seminterrato; la stesura finale del romanzo; le stroncature della critica; gli incubi notturni e la decisione di dare alle fiamme l’opera.
Woland e la sua banda (Behemoth, Azazello l’ammazzatopi, Hella) nel frattempo hanno preso possesso dell’appartamento di Berlioz, inviando istantaneamente, con un incantesimo, a Jalta sul Mar Nero l’altro inquilino della casa, Stepan Bogdanovič Lichodeev, direttore del Teatro di Varietà di Mosca che aveva scritturato Woland per uno spettacolo di magia nera.
Lo spettacolo è un avvenimento sconvolgente che mette a nudo la vanità, l’avidità e la crudeltà dei cittadini di Mosca: vi assiste anche Margherita Nikolaevna, l’amante che il Maestro ha abbandonato. Il mattino seguente la donna viene avvicinata dal bizzarro Azazello, servo di Woland, che le propone un invito per la sera stessa, durante il quale potrà finalmente aver notizie del suo amato Maestro.
Margherita accetta, piena di speranza, e riceve una crema magica da passare su tutto il corpo prima di recarsi all’incontro. L’effetto è miracoloso: Margherita, in un attimo ancor più bella e ringiovanita, spicca il volo come una strega, invisibile e a cavallo di una scopa; si dondola nuda sui tetti di una Mosca splendente, illuminata dalla luna piena. Anche Nataša, sua domestica, si cosparge di pomata magica e, strega a sua volta, coinvolge nell’incantesimo l’amante trasformato in maiale, in groppa al quale si avventura negli stessi cieli.
Margherita, prima della festa, devasta l’appartamento del feroce critico Latunski, responsabile della sfortuna del Maestro; poi vola sulle foreste e sui fiumi della Santa Madre Russia e infine, a Mosca nella casa occupata da Woland, è la regina del gran ballo di primavera, nella notte che coincide con il Venerdì Santo. È al fianco di Woland ed accoglie tutti i più crudeli personaggi della storia che escono dalla porta aperta dell’Inferno: non cede alla paura e all’orrore; anzi, piena di commozione di fronte alle sofferenze, guadagna la possibilità di ritrovare il Maestro, che appare. Satana lo accoglie per rendergli il manoscritto tornato integro, nonostante le fiamme, perché la verità è indistruttibile: i due amanti, felici, potranno tornare nel povero scantinato in cui hanno vissuto la storia d’amore.
Nel finale si ripresentano – come all’inizio – i personaggi della “storia antica”: Levi Matteo riferisce a Woland che Jeshua ha letto il romanzo del Maestro e gli concede la “ricompensa del riposo”, perché anche se non ha meritato la luce, merita la pace.
A questo punto dello spettacolo vi è una divergenza dal binario del romanzo: la ricompensa del riposo è – per Letizia Russo – la morte simultanea dei due amanti, per mano di Margherita.
Il romanzo vuole avere invece il finale delle favole: Woland incarica Azazello di offrire agli amanti l’antico vino Falerno che uccide le carni dei mortali, rendendoli immortali; poi si allontanano in volo e tutto a Mosca ritorna nella normalità: anche la testa di Berlioz ritorna al proprio posto e nessuno ricorderà più niente degli avvenimenti portentosi.
Solo i due amanti non torneranno più indietro: la mattina della domenica di Pasqua, la cricca li accompagna nel luogo remoto ove si trova l’antico procuratore della Giudea (insieme al suo cane), che da millenni si tormenta per aver condannato ingiustamente Jeshua ed il Maestro ottiene per lui la liberazione dal tormento. Il Maestro e Margherita vengono lasciati insieme in un “eterno rifugio”, dove trovano la serenità; anche Nataša e il suo maiale volante non torneranno più indietro.
Lo spettacolo è bellissimo, il libro straordinario e non si può far altro che raccomandarne la visione e la lettura. Ci piace comunque proporre qualche minima riflessione personale, perché un commento approfondito richiederebbe uno studio autentico.
Innanzitutto l’autore mette in ridicolo l’idea presuntuosa di poter eliminare il mistero nel quale è sospesa la vita e tanto più per decreto ministeriale: Woland ha il preciso compito di riproporne la potenza attraverso la magia nera e il suo opposto, che è il disvelamento di ciò che è oscuro. Il Satana, di Bulgakov è il primo aiutante di Dio: se a Mosca nessuno crede ai miracoli di Gesù, tutti credono però ai miracoli della magia nera di Woland, in particolare alla moltiplicazione delle banconote.
Bulgakov, secondo noi, propone nel proprio scritto l’immagine speculare, virata al negativo, del Flauto Magico mozartiano: Margherita, come Pamino, affronta tutte le prove necessarie per liberare il suo amato Maestro; mentre la sua serva Nataša, come Papageno, approfitta della possibilità offertale per poter finalmente godere dei pochi piaceri concessi all’uomo e alla donna, come l’amore e il sesso.
Ovviamente sono possibili miriadi di altre riflessioni, molto più colte, ma ci accontentiamo di dire la straordinaria bravura di Michele Riondino con la voce chioccia e la bellissima figura ben truccata alla maniera de Il Corvo; ed elogiamo la qualità di tutti gli interpreti.
Vogliamo solo annotare di non condividere la scelta registica che rende un po’ troppo estraniate le figure del Maestro e di Margherita, con una recitazione monotona ed eccessive fissità verso il vuoto, di Margerita soprattutto. La regia ci è sembrata comunque molto valida e belle e semplici le scenografie che connotano uno spazio in nero – che definiremmo ater alla latina, cioè oscuro e senza splendore e non niger cioè dai bei riflessi –, delimitato da quinte piene di aperture così da rendere bene le impressioni dei luoghi infernali chiusi e dei luoghi vitali aperti.
Il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov; Riscrittura di Letizia Russo; Regia di Andrea Barracco; Scene e Costumi di Marta Crisolini Malatesta; Musiche originali di Giacomo Vezzani; Aiuto Regista Maria Teresa Berardelli; Produzione del Teatro Stabile dell’Umbria
Personaggi e interpreti: Woland Michele Riondino; Maestro/Ponzio Pilato Francesco Bonomo; Margherita Federica Rosellini; Behemoth Giordano Agrusta; Hella/Praskov’ja/Frida Carolina Balucani; Donna che fuma/Natasha Caterina Fiocchetti; Marco l’Ammazzatopi/Varenucha Michele Nani; Korov’ev Alessandro Pezzali; Berlioz/Lichodeev/Levi Matteo Francesco Bolo Rossini; Caifa/Stravinskij/Rimskij Diego Sepe; Ivan/Jeshua Oskar Winiarski