Spettattori
di Michael Frayn, regia di Pino Strabioli
con Pino Strabioli, Orsetta De Rossi, Luca Ferrini
e con Alessandra Ferro, Alberto Melone, Lucia Tamborrino, Luca Staiano, Chiara Vinci, Stefano La Cava, Andrea Verticchio, Chiara Ricci.
Romanziere e commediografo inglese (1933) Michael Frayn si è ritagliato nella drammaturgia contemporanea un posto nel mondo eterogeo che parte dalla comicità della tradizione europea per giungere al dramma dell’analisi psicologia e filosofica della medesima tradizione. I temi ricorrenti delle sue opere sono l’isolamento dell’individuo, il progressivo frantumarsi dei rapporti sociali, i rischi di una alienazione tecnologica che può precipitare verso l’annientamento dell’umanità. Gli stessi temi, possono assumere la forma di divertenti favole orwelliane, ricche di satira moraleggiante e di inventiva funambolica oppure emettere il suono cupo della catastrofe incombente (come il famosissimo dramma Copenaghen che tratta in maniera vivacissima dei fatti realmente svoltisi intorno allo sviluppo, mancato, della bomba atomica nazista durante gli anni della seconda guerra mondiale).
In Italia, Frayn è però più noto per le commedie, come Miele selvatico e Rumori fuori scena, quest’ultima portata in scena per la prima volta nel 1983, da Attilio Corsini e dalla Compagnia Attori e Tecnici. Fu sempre Attilio Corsini a mettere in scena, venti anni fa, il testo di Spettattori, uno degli esempi più interessanti di Teatro nel Teatro.
Se in “Rumori fuori scena” l’intenzione di Frayn era quella di mostrare al pubblico ciò che mai dovrebbe essere mostrato in un teatro e cioè tutto l’intricatissimo “dietro le quinte” – tema questo non proprio nuovissimo, visto che persino Gaetano Donizetti ne aveva tratto un’opera divertentissima e cioè Le convenienze ed inconvenienze teatrali (1827) – in “Spettattori” l’intenzione diviene quella di mostrare al pubblico se stesso.
Il palco è allestito come una platea: gli attori/spettatori entrano in sala e si ritrovano di fronte agli spettatori paganti (oppure invitati come nel caso nostro) che li guardano prendere posto.
Nell’originale del testo il sipario si alza – invece nella versione di Pino Strabioli è già aperto – e sono gli spettAttori a dare voce ai pensieri degli spettatori. In questa rappresentazione degli altri, il teatro è preso solo a pretesto perché la vera intenzione dell’autore – ci sembra – è descrivere l’individuo nelle sue ipocrisie, ambivalenze, banalità, presunzioni con tutte le sfumature possibili dei sette peccati capitali, attraverso le reazioni e i commenti ad alta voce che, trattandosi di finzione scenica, ottengono libertà di espressione.
Gli spettAttori riproducono ciò che il pubblico di teatro fa tra le file di platea e cioè tutto ciò che gli esseri umani fanno nella generalità della vita quotidiana: i ritardatari (forse per problemi di parcheggio) tentano di prender posto con prepotenza ignorando le esigenze altrui; i famosi colpi di tosse imperversano (soprattutto nelle sale da concerto) e si contagiano di poltrona in poltrona, come vere e proprie epidemie di sintomi ansiosi; qualcuno si addormenta inevitabilmente non appena inizia lo spettacolo e sveglia improvvisamente sussultando ma fingendo di evere capito tutto; qualcun altro esprime l’unico reale scopo della propria esistenza che è quello di amoreggiare con la compagna la quale, a sua volta, esprime il proprio unico desiderio che è quello di gestire il potere sull’altro; il professore vuole obbligare alla pratica teatrale i propri studenti per un amore del teatro non sempre limpido (c’era una nutrita rappresentanza studentesca in sala, corredata di docenti in spolvero pieni di commenti e raccomandazioni).
“SpettAttori” è una commedia semplice, difficilissima da raccontare, che diverte e invita alla riflessione poiché vuole fare del “comune” il perno di una esilarante comicità (castigat ridendo mores) e perciò non esita a ricorrere agli antichissimi meccanismi dell’equivoco e dello scambio di persona per superare il meccanismo di difesa – l’acida freddezza – che ogni spettatore innalza quando si vede rappresentato al nudo delle proprie fragilità.
La messa in sena di Pino Srabioli è divertente ed ironica; esprime in maniera significativa la capacità di una lettura attenta del testo e l’intelligenza di saperlo rendere con tocco leggero ma profondo e incisivo. Gli attori sono tutti molto bravi e nella parte; abbiamo apprezzato in modo particolare Orsetta De Rossi nella stralunata e nevrotica solitudine di una non più giovane bella donna.
Troviamo veramente notevole la comicità di Pino Strabioli, nel ruolo duplice dell’autore e del regista, pacata e quasi sottopelle; ascoltandone la voce tranquilla suggerire la risata al pubblico – che inevitabilmente cominciava a ridere proprio per il nonsense del suggerimento – ci siamo ricordati della irresistibile lettura di un testo di Gindro L’ascensore ferma al piano di sotto che fece, al Teatro Santa Chiara, ormai nel lontano 2012. Ci piacerebbe organizzare altre cose insieme.