Grazie, professore
Napoli, quasi giugno.
Un professore annoiato della vita e del sistema, viene nominato commissario d’esame in una casa circondariale: il carcere.
Nel breve corso di poche ore, pochi incontri, tre persone – tre carcerati di origini e vite diverse – riescono a risvegliare in lui emozioni e sentimenti dimenticati. Due concetti di fondo sostengono il racconto, che è anche un esame disincantato di luoghi e abitudini: l’inconscio sociale (Sandro Gindro, psicoanalista) e la casualità degli eventi (Antonio Pizzuto, romanziere); dei due studiosi, cui va il tributo, non molti sanno.
Leggendo “Grazie, Professore” ci si domanda in quale sezione della libreria vada inserito: narrativa? saggistica? scienze sociali?
La domanda non è trascurabile… è trascurabile invece la vicenda di un professore annoiato che, tuttavia, nasconde qualcos’altro: una storia d’amore; un’indagine psicologica; una visione del mondo; e anche lo sforzo di proporre uno stile letterario che tiene conto dei due principi esposti nella quarta di copertina, riferiti all’inconscio sociale di Sandro Gindro e ad un pensiero che ruota attorno alla casualità degli eventi… ma sì, il libro sta abbastanza bene nella sezione di narrativa
Una domanda che si rivolge spesso, è cosa spinga una persona a scrivere
Superata la prima ovvia risposta del mettersi in mostra e possibilmente ottenere successo, nel mio caso entrano altri due fattori: il desiderio di esprimere un concetto senza sostenere un contraddittorio e la casualità, appunto.
Il desiderio di mettermi in mostra l’ho sempre avuto, ma sono riuscito a scrivere solo quando quello ha iniziato a scemare, dimostrando la sua inessenzialità; è probabile che il mondo non stia aspettando la mia letteratura.
Con il crepuscolo della volontà esibizionistica ha cominciato a prendere forza il secondo motivo: esprimere un concetto. Mi piace esprimere un pensiero dall’inizio alla fine, a qualcuno che sia disposto ad ascoltare ed a riflettere.
Per quel che riguarda la casualità, il clinamen, avrebbe detto Lucrezio, essa si è manifestata sotto forma di una lunga degenza ospedaliera – per motivi non gravissimi, fortunatamente – che per noia e per autentica riflessione mi ha indirizzato verso la scrittura di alcuni pensieri in forma letteraria, utilizzando certi appunti un po’ datati.
Hai parlato di una storia d’amore?
Ho l’impressione che in ogni vicenda si nasconda una storia d’amore… in questo caso si tratta di un amore ritrovato: verso il proprio ruolo e verso alcune persone; magari verso una persona in particolare anche se non è esplicitato. Nella mente del protagonista si succedono prima la curiosità, poi il coinvolgimento, infine un autentico desiderio proprio come una storia d’amore importante.
In realtà, un indizio a riguardo della storia d’amore c’è e mi piacerebbe fosse il lettore a scoprirlo.
Hai parlato anche di una visione del mondo
Sì e questo mi sembra un argomento importante. Forse mi ripeto, ma rimando di nuovo alla quarta di copertina facendo riferimento all’inconscio sociale di Sandro Gindro e alla casualità di Antonio Pizzuto. Parlando di visione del mondo intendo – anche ovviamente – un’idea morale ma, soprattutto, proprio la visione, cioè il vedere un mondo: accadono dei fatti, percepiti nei loro aspetti sensoriali che, nel momento stesso in cui accadono, pensiamo ed associamo ad altre cose già accadute o di cui abbiamo sentito parlare. Così, nella visione del mondo c’è qualcosa di oggettivabile e qualcosa di personale e ancora qualche altra cosa che rimane assolutamente inconscia ma attribuisce nascostamente un colorito, un timbro, un’emozione. Perciò la morale latita… come avrebbe detto il mio Maestro Sandro Gindro la morale è un cosa pratica…