Il racconto di un’esperienza formativa in carcere
Presentazione del libro Grazie, Professore con la partecipazione del prof. Stefano Anastasia, Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio.
Giovedì 13 febbraio, Hub Culturale Moby Dick, Via Edgardo Ferrati, 3, 00154 Roma RM
Napoli, quasi giugno.
Un professore annoiato della vita e del sistema, viene nominato commissario d’esame in una casa circondariale: il carcere.
Nel breve corso di poche ore, pochi incontri, tre persone – tre carcerati di origini e vite diverse – riescono a risvegliare in lui emozioni e sentimenti dimenticati.
Due concetti di fondo sostengono il racconto, che è anche un esame disincantato di luoghi e abitudini: l’inconscio sociale di Sandro Gindro, psicoanalista, e la casualità degli eventi di Antonio Pizzuto, romanziere.
È un testo-confessione dove c’è pochissimo spazio per la farsa e molta sincerità.
Il microcosmo della scuola si articola in piccoli poteri e povere rivincite. Il Ministero appare talvolta un’entità marziana e ad un professore svogliato e deluso non rimane che scegliere come giocare la propria partita a scacchi, la strategia per non morire.
L’inconscio sociale – che rappresenta il “buon” cattivo senso comune – è un pantano dove è necessario capire in quale direzione conduca il vortice dei pensieri.
Per fortuna anche la cattiva volontà del professore è contradditoria e lascia aperta una falla nel rigore della pigrizia logica, di fronte all’evento inaspettato: nomina a commissario d’esame in carcere.
Carcere-commissione-scuola. Siamo limitati più fuori che dentro: una frase sibillina per significare che la vita è lasciata ai margini, come un fondale di cartone.
Le vicende, gli accadimenti casuali costringono il “prof.” ad apprendere i contenuti della sua partitura e a come eseguirli, illudendosi di poter aiutare un mondo volutamente lasciato addirittura dietro al pessimo fondale di cartone. Le spiegazioni di cui è disseminato il testo giovano a chi legge: una volta coinvolto nella storia, gli possono dar pace, dopo tutta la “verità svelata” in queste righe.
L’atmosfera estiva è soffocante, sentiamo il sole che ci opprime, la troppa luce, forse l’eccessiva verità.
I finali di alcuni capitoli sono densi d’ironia e l’odore dei dolci offerti dai reclusi è proustiano, denso di nostalgie e le atmosfere ricordano Pessoa.
Questo libro vuole affermare una verità in mezzo alle illusioni: vuole dire che è bello scegliere una maschera e un palcoscenico, e che noi per fortuna siamo sempre liberi di farlo per rispettare la dignità di ogni essere umano.
(tratto liberamente da uno scritto di Anna Maria Milone)