La superluna
Roma, 8 aprile, mercoledì
Era giovedì ventisette luglio millenovecento sessantuno; un bambino guardava la luna sorgere dietro i Monti Lepini: era grande, bella e luminosa e si alzava lentamente. Il bambino la fissava dalla finestra: improvvisamente, si mise a piangere e si nascose dietro una poltrona a causa di un terrore improvviso. I genitori, gli zii, tutte le persone che erano in casa ne furono sgomenti. A nulla valsero le tenerezze e le raccomandazioni, neppure le spiegazioni: forse ebbe anche un improvviso sbalzo di temperatura. Lo misero a letto.
Naturalmente tutti erano turbati dall’improvvisa follia del piccolo che, per altro, era un eccellente studente, meritevole ed ubbidiente. Finita l’estate densa di terrori, con l’autunno le cose migliorarono ed il medico di famiglia provò a tranquillizzare gli esterrefatti genitori, parlando loro delle crisi tipiche – tipiche? – dell’infanzia. A distanza di tempo si comprese che, a scatenare quell’improvvisa paura della “morte”, fosse stata una lezione d’astronomia fornita dall’incauto, seppur bravissimo, maestro elementare: la spiegazione della nascita dei pianeti e della loro futura evoluzione in un disastro stellare. Il bambino ricordava le diverse illustrazioni: una sfera dapprima incandescente, poi raffreddata, poi rigogliosa di vita, di nuovo incandescente fino al disastro. Una delle immagini era identica alla luna d’agosto.
Le spiegazioni scientifiche se per un verso rassicurano, per un altro destabilizzano. L’inconscio degli esseri umani è molto più antico della scienza, circa centomila anni, e nonostante la ragione proponga spiegazioni molto forti, esso domina incontrastato per lo meno nelle situazioni d’allarme.
Quello stesso bambino, molti anni dopo, si trovò ad ascoltare l’intervista ad un astronomo, per il transito di una cometa nel sistema solare: alla domanda del giornalista su cosa sarebbe potuto accadere rispose che, con buona probabilità, l’astro sarebbe passato oltre il sole; altrimenti? Incalzò il giornalista; altrimenti il disastro, rispose l’astronomo. Raggelato, il giornalista domandò per chi sarebbe stato un disastro: per la cometa rispose, ridendo, lo scienziato.
Il bambino, a quel punto giovane studente di fisica, bollò con il termine str.… l’astronomo sadico in questione che, alla televisione pubblica in prima serata, si divertiva a spaventare gli ascoltatori: nonostante gli studi in fisica, per un lungo secondo, il giovane si era sentito raggelare il sangue.
Dopo un po’ di anni ancora, ormai al corrente del proprio stressante mondo inconscio, il giovane iniziò a studiare anche psicologia. Ovviamente quello sono io: con questo piccolo aneddoto dò conto, semplificando, della duplice e personale scelta teorica.
Questa lunga introduzione mi aiuta a parlare, ormai solo in due frasi, di un argomento attuale riguardante il coronavirus, avendo utilizzato come pretesto la cosiddetta superluna di questa sera che, cinquantanove anni orsono, terrorizzò quel bambino.
L’argomento recentissimo riguarda il dopo virus.
Il “commissario agli allarmismi” Arcuri, tanto voluto dai politici, ha fatto una dichiarazione preventiva sui prossimi disastri possibili, qualora si procedesse ad una troppo precoce ripresa delle attività.
Sono consapevole che egli abbia assolutamente ragione ma so, anche, che il sadismo della scienza non aiuta.
Come affermavo prima, l’inconscio precede di circa centomila anni la nascita della scienza moderna.
Il nostro inconscio non ha solo bisogno di sapere come stiano le cose, ma anche di provare piacere e nutrire speranza: la reazione istintiva ad un eccesso di sadismo – scientifico o da fake news – è quella di fregarsene. Traduco in termini concreti: se l’angoscia diviene troppo forte, la si ignora e si trasgredisce ogni buona logica senza alcuna remora.
Sono – e siamo – assolutamente consapevoli di come sia necessaria la prudenza e, prima ancora, il rispetto per la fragilità degli altri: queste due attenzioni non si alimentano con la paura, ma con la speranza ed il piacere di saper fare e di saper accudire.