Della gentilezza e del coraggio
Gianrico Carofiglio, da tempo, ha imboccato il sentiero che va dalla narrativa alla saggistica. Simile percorso hanno esplorato, con vari risultati, altri famosi autori: uno tra tutti, Alessandro Manzoni. Attualmente si avventurano su questa strada, spesso, le grandi firme del poliziesco o del noir, con risultati alterni: un bell’esempio è offerto da Andrea Camilleri, la cui cultura era per nulla trascurabile soprattutto su temi storici.
Altri, invece, hanno imboccato il sentiero nel verso opposto, transitando dalla saggistica alla narrativa.
Entrambi i percorsi sono ardui: chi proviene dalla saggistica mantiene una densità di contenuti solida ed affascinante; ma, spesso prolissa e difficile, raramente trova il meccanismo rapido e lieve del racconto, dello scorrere leggero di un fiume che, anche se rivela i suoi segreti, lascia apprezzare il piacere del fluire.
Chi passa dalla narrativa alla saggistica – soprattutto quando la narrativa è di settore – incontra difficoltà opposte: mentre si mantiene agile e scorrevole il fluire, non sempre ottiene la giusta profondità dei contenuti e i suoi segreti non affascinano così tanto, non quanto si vorrebbe.
In una simile complicazione ci sembra incappare Gianrico Carofiglio, scrittore molto apprezzato, nel tentativo di proporre un messaggio con il suo libro che offre il titolo interessante “Della gentilezza e del coraggio”. Il sottotitolo appare invece spento: “breviario di politica ed altre cose”, ma veritiero se immaginato come un autentico breviario da curato di campagna. Per chi non ne fosse al corrente, i sacerdoti leggono (leggevano) un “breviario” cioè una raccolta di preghiere e riflessioni divise o suggerite per le varie ore della giornata; la finalità di quelle letture, estremamente ripetitive, era mantenere la mente concentrata sulle cose sacre senza distrarsi troppo.
Il saggio di Carofiglio è leggibile e scorre leggero ma lascia perplessi: innanzitutto colpisce l‘eterogeneità della bibliografia, abbastanza ricca ma eccessivamente eclettica, che suggerisce l’idea dei molti argomenti toccati solo sulla superficie. Nel breve trattato, viene dato un rapido sguardo alla filosofia della logica, ma – a parte Port-Royal – si rimane sul recente, ignorando in particolare Aristotele, che ha sviluppato proprio quei principi di etica nella logica, cui fa cenno Gianrico Carofiglio nel lungo e approfondito capitolo della fallacia che sembra restituire echi delle regole del sillogismo (ragionamento deduttivo che collega le diverse affermazioni conservando la coerenza nel ragionamento). È probabile che la scelta riduzionista dell’autore rientri nella metodologia del breviario: stimolare un pensiero non molto approfondito e, soprattutto, ripetitivo. Si potrebbe paragonare al buon senso dell’insegnante in vista degli esami: non potendo trasmettere cultura, suggerisce qualche trucco che permetta di “riuscire a cavarsela”.
Gli argomenti trattati sono tanti; alcuni esposti in maniera sufficientemente lucida. Il saggio, però, rivela un’ulteriore scelta aprioristica: rivolgere la propria osservazione critica al metodo dialogico attualmente utilizzato dalla destra reazionaria fascista/populista, omettendo di avanzare appunti importanti alla difficoltà espressiva di una sinistra progressista ed ipocrita.
Questo breviario di politica ed altre cose sembra concepito, perciò, per offrire suggerimenti al giovane politico progressista, immaginato come un curato di campagna: un po’ ignorante, ingenuo e soprattutto pigro.
Ci sembra un peccato che l’autore non esponga al meglio gli argomenti nei quali è realmente ferrato; che non sviluppi appieno, ad esempio, la metafora tratta dagli argomenti inerenti le arti marziali. Ne fa cenno solo in relazione a Funakoshi Gichin, grande teorico del Karate-do, di cui Carofiglio è maestro cintura nera sesto dan.
L’uso dell’aneddotica gettata lì, tanto per dir qualcosa, evitando di entrare profondamente nel merito degli argomenti, ci sembra inoltre atteggiamento non molto morale, sbrigativo anche se decisamente pratico; ma a noi sembra ci sia un modo diverso per affrontare i medesimi argomenti e ne fornisce un esempio notevole il bellissimo dialogo platonico del Sofista. Bisognerà pure far qualche fatica per imparare!
Possiamo capire – però solo un po’ – l’atteggiamento sconsolato di chi si ponga dinanzi alle poche teste di legno ignoranti che, fingendo di rappresentare gli elettori, cercano solo l’applauso; e a tantissime altre teste di legno, purtroppo altrettanto ignoranti, che desiderano solo applaudire senza capire nulla dei discorsi e degli argomenti dibattuti, accontentati da slogan urlati e facce imbruttite.