un altro Notre Dame de Paris
La stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma presenta, nello scenario splendido delle Terme di Caracalla, proposte varie: generalmente più “leggere” rispetto a quanto si riesce a fare al chiuso. Alcune di queste suscitano grande interesse, altre possono risultare discutibili, nonostante l’impegno profuso da organizzaztori ed artisti.
Fa parte di questa seconda categoria, per noi, il balletto Notre-Dame de Paris, tratto dall’arcinoto romanzo di Victor Hugo, sulle musiche di Maurice Jarre con il libretto e la coreografia firmati da Roland Petit, ripresi da Luigi Bonino. Noi abbiamo assistito alla replica di mercoledì 27 luglio, che presentava “le seconde linee” delle etoiles: Michele Satriano (Quasimodo), Claudio Cocino (Frollo), Simone Agrò (Phoebus); ma nel ruolo di Esmerealda si è sempre esibita Susanna Salvi, bravissima. Le musiche erano registrate dall’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma diretta da Kevin Rhodes.
Confesso che, leggendo distrattamente i manifesti del programma estivo, avevo immaginato si trattasse del famoso musical di Notre Dame de Paris, con il libretto di Luc Plamondon – nella versione italiana di Pasquale Panella – e le famosissime musiche di Riccardo Cocciante. La constatazione di uno spettacolo diverso, dapprima ci ha un po’ demotivati ma poi, il piacere della serata estiva e della consueta frescura nei grandi spazi aperti delle Terme ci ha spinto all’acquisto dei biglietti.
Il libretto di Roland Petit, abbastanza aderente alla trama del romanzo, è pedissequo: inizia proprio dalla festa del carnevale nella quale Quasimodo, il gobbo di Notre Dame, viene eletto re e portato in trionfo perché la sua malformazione viene scambiata per una maschera straordinaria. Il tutto prosegue come si deve con l’ingresso di Esmeralda, bellissima danzatrice zingara di cui tutti si invaghiscono: prima di tutto Quasimodo e poi il suo “padrone” Frollo. Invece la bella ragazza, come sempre accade nel mondo e nei secoli, si invaghisce del personaggio più narcisista di tutti, che Victor Hugo, consapevole della natura umana, sa presentare perfettamente anche nel nome: il capitano Phoebus. Tutte le vicissitudini si susseguono per benino: il ferimento di Phoebus da parte di Frollo, per gelosia; la fuga di Esmeralda; il vergognoso ricatto di Frollo; la prigionia, il disvelamento della vera sua identità ed infine l’impiccagione della ragazza perché il bellissimo Febo distratto non la scagiona (per non avere impicci, si capisce).
L’esito finale vede la morte di Quasimodo che sceglie di restare abbracciato al cadavere di Esmeralda, suo unico e straordinario amore.
Naturalmente la trama del libro è realmente complessa – come Hugo insegna – perché i romanzi dell’ottocento propongono un aspetto corale, storico e sociale di tipo grandioso; la riduzione in forma di balletto è ardua e a coloro, cui difetta la conoscenza dei molti particolari, rende lo spettacolo incomprensibile.
Abbiamo trovato straordinariamente elegante la danza di Susanna Salvi, la cui presenza scenica nel piroettare riempiva il palcoscenico con calma e grande padronanza; fisicamente bello e padrone del proprio corpo Michele Satriano, la cui danza atletica ed elastica rendeva ammirevole l’ipotesi di gobba impostata tra braccio destro e spalla; molto espressivo nel nervosismo del proprio personaggio Claudio Cocino; corretto e rigidamente marziale Simone Agrò, del cui personale narcisismo saremmo pronti a scommettere. Le parti corali erano un po’ confuse e meno interessanti: si passava, da una sorta di danza-pilates di gruppo, a momenti di grande confusione organizzata del tipo “facite ammuina”. Personalmente ritengo che il libretto ricavato da Roland Petit sia poco adatto a trarre il meglio per la realizzazione del balletto: troppe vicende, troppo confuse. Il corpo di ballo del Teatro dell’Opera è attento e preparato e ci piacerà vederlo soprattutto in altre situazioni più esaltanti.
Un particolare riguardo va dato alla musica di Maurice Jarre: piuttosto brutta, monotona e di maniera, non aiuta ad esprimere più di tanto le straordinarie potenzialità della vicenda. Forse ci aspettavano un altro Notre-Dame de Paris.
Però siamo stati lieti della serata, per la bellezza del luogo e (finalmente!) per un po’ di fresco; nel cuore la grande nostalgia dell’opera scritta su carta e del Musical esaltante.