Attori e baracche. Il Fornaretto nel sistema teatrale
Teatro, Italia 2002
172 pp.
Prezzo di copertina € 12,50
Autore: Giovanni Moretti
Editore: SEB 27, 2002
ISBN 88-86618-25-5
L’autore, torinese, ha insegnato Teatro di animazione presso la Facoltà di lettere e filosofia dell’Università degli studi di Torino. Attore egli stesso, è il fondatore dell’Istituto per i beni marionettistici ed il teatro popolare, costituitosi “per tutelare un patrimonio teatrale, storico ed etnografico quasi completamente da riconsiderare”.Il libro fa una lunga disamina sul teatro popolare, in particolare dell’800 ed in particolare nel Nord Italia, prendendo spunto dalle fortune di un dramma a sfondo storico: la condanna a morte di un giovane fornaio veneziano, e la sua esecuzione, trasposta in azione teatrale da un teorico del teatro popolare dei primordi, repubblicano e mazziniano, Francesco Dall’Ongaro, e messa in scena per la prima volta nel 1844 da Gustavo Modena.
L’intento di Moretti, già chiaramente espresso nelle prime pagine, ha carattere politico-celebrativo: esistono due teatri – popolare e borghese – in fermento il primo, imbalsamato il secondo. La qualità del teatro popolare non è solo quella di rivolgersi al popolo, ma anche quella di essere riscritto dal popolo, attraverso la genialità di attori popolari, i burattinai, capaci di percepire i sentimenti più intimi così come sgorgano dai mormorii degli spettatori. Attraverso una lunga disamina dei documenti storici, per lo più copioni, registri e lettere, l’autore descrive la vita e la vivacità del teatro di piazza che, ci sembra di capire, egli ritenga vero erede della tragedia classica: ne fa cenno attribuendo al coro la stessa funzione di commento, che il pubblico di piazza esercita nei confronti dei fatti esibiti dagli attori. La lunga presenza del Fornaretto nel repertorio delle più famose compagnie di teatro marionettistico e popolare, da Angelo Cuccoli a Pio Rame, per quasi centotrenta anni, è utilizzata da Moretti a dimostrazione della propria tesi.
La funzione del burattinaio, o del capocomico, come appare nel suo scritto assume un carattere psicologico-sociale: stimolare la catarsi degli spettatori, rendendoli consapevoli del bene e del male e apprendendo, attraverso le loro emozioni, quella parte di realtà che altrimenti rimarrebbe nascosta. Probabilmente l’intento di Moretti, terapeutico perché politico, punterebbe oltre ma, ci sembra che egli abbia preferito nascondere il suo pensiero, delegandone al lettore l’intuizione attraverso il testo teatrale di Dall’Ongaro.
Questa tecnica illustrativa lascia però confusa e parzialmente inconsapevole un’analisi psicologica probabilmente rifiutata; come pure desta dubbi la bipartizione tra teatro borghese e teatro popolare, che sembra più un pretesto teorico, come lo stesso autore lascia immaginare attraverso la citazione di Carlo Levi da “Cristo si è fermato ad Eboli”. L’amore verso la tradizione orale, ampiamente documentata mediante reperti scritti sembra rimandare, un po’ troppo, ai bei tempi che furono piuttosto che suggerire percorsi attuali.
pietrodesantis