Tutte le cose eternamente belle
Tornare ancora nel giardino sbarrato,
Che tra gli archi del muro,
Tra magnolie e limoni,
Serba l’incanto delle acque.
Udir ancora, nel silenzio
Vivo di cinguettii e di foglie,
Il sussurro tiepido dell’aria
In cui volteggiano le anime antiche.
Veder ancora il cielo profondo
E lontano la torre svettante,
Come fiore di luce sulle palme:
tutte le cose eternamente belle.
Sentir ancora, come allora,
la spina acuta del desiderio,
mentre la gioventù passata
ritorna. Sogno di un dio senza tempo!
(Luis Cernuda, Giardino antico, libera traduzione di Lorenzo Rossi).
Miracolo a l’Avana, secondo appuntamento del ciclo “Decibel di Marca” (Teatro Comunale di Morrovalle, venerdì 24 gennaio 2014) ha il pregio di aver colto questa “spina acuta del desiderio” così come il film (1999), cui lo spettacolo è ispirato.
Il discorso di Wim Wenders, come sempre lento e riflessivo ma anche affascinante, seguiva le tracce di alcuni musicisti che divulgarono la fiaba dei ritmi cubani negli anni cinquanta, nella Cuba descritta in Il vecchio e il mare (1952), prima della rivoluzione castrista.
La sceneggiatura del film, ripercorrendo la straziante decadenza cubana intrisa di sentimenti, che la povertà conserva nella bellezza intatta della disperazione, mostrava la musica emergere tremolante e luminosa, come una stella nelle notti di luna nuova o come Afrodite dalla spuma del mare.
Stefano Leva e la Compagnia delle Rane hanno rievocato alcune immagini dei personaggi inventati da Wenders e Ry Cooder – che pure sono (o erano) reali – cogliendone l’aura miracolosa che solo la musica, sentita ed amata, riesce a conferire: certamente aiutati, ed in questo compito nostalgico sollevati, da Raffaele Cimica (sax – soprano, credo), Antonio Del Sordo (chitarra) e Andrea Nataloni (percussioni) principali protagonisti del concerto.
I bravi attori della compagnia amatoriale, di cui “non” ricordo i nomi in quanto “non” scritti su di un programma di sala, hanno presentato se stessi in vesti di: Ry Cooder, Ibrahim Ferrer, Ruben Gonzalez, Eliades Ochoa, Omara Portuondo, Compay Segundo. Non simili ai personaggi reali per età, né per temperamento e nemmeno per identità sessuale – una giovanissima attrice interpretava un anziano ottantenne – sono riusciti nel miracolo grazie a mirabolanti angoli di riflessione, che la nostalgia evocata dalla musica e dal teatro riesce ad ottenere.
Interessanti ci sono sembrate le voci di due – non nominati – componenti della compagnia, che hanno proposto le celebri “Chan Chan” e “Veinte Años”; tutte le altre canzoni del gruppo di Buena Vista Social Club sono state eseguite dal trio, nel quale il sax recitava il ruolo di solista.
La musica tradizionale cubana costituisce un patrimonio artistico straordinario ed interessante, apprezzato a livello mondiale: lo stesso stile di vita a Cuba ne è strettamente ispirato attraverso il canto, il ballo, i concerti. Si individua una matrice spagnola, ma anche un’origine francese e la potentissima componente ritmica africana: ciò attesta come la cultura creola sia emersa dalla fortunata unione carnale di tradizioni e persone, fenomeno che invece tanto spaventa i poveri borghesucci italiani.
La grande sensualità che promana dalla cultura creola ha prodotto – immediatamente a partire dall’invenzione delle incisioni discografiche – il mito seducente di Cuba attraverso la musica, la bellezza dei corpi e l’eleganza policroma dei costumi; irrobustito anche dalla fama di un particolare contesto politico. Di Cuba tuttora resta l’immagine, chiaramente falsa, di un paradiso terrestre quasi incontaminato e di un’eterna giovinezza.
Per concludere vogliamo collegare le differenti immagini: Giampaolo Fermanelli era Ry Cooder; Luca Capezzoni presentava Ibrahim Ferrer; Michele Palmieri interpretava Compay Segundo; Corinna Barboni prestava la voce a Omara Portuondo; Nicoletta Vitali giocava con l’ottantenne Ruben Gonzalez mentre Stefano Leva raccontava Eliades Ochoa.
(Pietro De Santis)