Serata Garcia Lorca
L’estate romana è piuttosto calda e nei mesi di giugno, luglio ed agosto molte attività artistiche si spostano all’aperto: giardini, cortili e piazze ospitano manifestazioni talvolta allegre, talvolta colte, talvolta noiose. Per lo più forniscono un pretesto, ai pigri romani, per cercare un po’ di frescura.
“I giardini dell’Accademia Filarmonica Romana, e la sua storica sede, sono stati inseriti dal F.A.I., Fondo Ambiente Italiano, nell’elenco dei luoghi ‘segreti’ da salvaguardare e da svelare. È qui che, anche quest’anno, parte il ‘viaggio’ musicale proposto dalla Filarmonica per vivere un’estate ricca di colori e di esperienze diverse.” (Matteo D’amico, Direttore Artistico dell’Accademia Filarmonica Romana). In realtà il luogo, bello e un po’ misterioso, appare talvolta un ritrovo crepuscolare per mature signore della borghesia romana, che vantano qualche elemento di mondanità culturale o di internazionalità. Per la serata di giovedì 9 luglio l’Accademia Filarmonica ha proposto due appuntamenti: una “Serata Garcia Lorca”, alle 20 nella Sala Casella (adeguatamente rinfrescata), ed una “Arcana luce barocca” alle 21 e 30 nei giardini. Noi siamo stati spettatori della prima proposta, che presentava “Golpe de Luz” (2015) di Albino Taggeo per soprano, flauto e chitarra, ispirata a sette canti di Federico Garcia Lorca, in prima esecuzione assoluta; “Homenaje pour le Tombeau di Debussy” (1920) di Manuel De Falla, per chitarra; “Recuerdos de la Alhambra” (1920) di Francisco Tarrega, per chitarra; “Invocacion y dansa, homenaje a Manuel De Falla” (1961) di Joaquin Rodrigo, per chitarra; e “Romancero gitano” op. 152 (1951) di Mario Castelnuovo-Tedesco, per chitarra e coro su testi poetici di Federico Garcia Lorca. Interpreti erano: Amenecer Sierra, soprano; Arturo Tallini, chitarra; Alessandra Finocchioli, flauto; il coro della Scuola Popolare di Musica di Testaccio; Giovanni Briganti e Cecilia D’Amico, voci recitanti. Come si vede il programma prospettava brani dall’ascolto facile per la loro ‘orecchiabilità’, ma impegnativo per la qualità compositiva e la tecnica esecutiva.
Albino Taggeo è un compositore romano piuttosto attivo: l’opera presentata in prima esecuzione assoluta esegue in forma musicale sette canti del poeta spagnolo per voce di soprano, flauto e chitarra. La struttura compositiva prevede un dialogo continuo tra i due strumenti, sul quale si poggia la voce del soprano: Amenecer Sierra ha recitato – molto bene e in una lingua armoniosa – le belle poesie in precedenza lette in un italiano salmodiante e monotono da Giovanni Briganti e Cecilia D’Amico. L’intersezione armonica e melodica di flauto e chitarra è un tappeto sonoro piuttosto interessante; ma ci è sembrata eccessivamente slegata dalla parte vocale. La voce della soprano, seducente nel recitativo, era ingiudicabile nel canto, per il semplice motivo che canto non c’è: la bellissima lettura è raramente punteggiata da qualche borbottio lirico (un cantare quasi a bocca chiusa) apprezzabile nell’espressività, ma non giudicabile vocalmente. La qualità timbrica del flauto, preciso tecnicamente, non ci è piaciuta nell’impasto e nel confronto con il bel suono della chitarra (ottimi lo strumento e l’esecutore). Il brano tutto sommato ci è parso presuntuoso ed è stato poco apprezzato dal pubblico in sala, tanto che il compositore non si è alzato per ricevere un omaggio comunque dovuto ad un’opera impegnativa. Questioni (forse) di atmosfera.
Estremamente godibili erano i tre brani per chitarra: meditativo il primo, con piccoli accenni ritmici tipici delle composizioni spagnole; emotivamente coinvolgente e nostalgico il secondo (la cui difficoltà tecnica è quasi improba, con un ribattuto ostinato di circa 5’, nel quale talvolta Tallini perdeva il ritmo, probabilmente a causa del differente affaticamento delle quattro dita indice, medio, anulare, mignolo); molto interessante la terza composizione che associa, a spunti melodici tradizionali, sfumature ed atmosfere vicine alla musica atonale – attraverso l’inserzione di armonici di trasparenza cristallina, possibili solo per la chitarra –.
Il brano di Mario Castelnuovo-Tedesco è costruito su Romancero gitano, raccolta di poesie di Garcia Lorca: sono state lette con la solita monotonia prima della buona esecuzione di Arturo Tallini e del coro della Scuola Popolare di Musica di Testaccio; le parti solistiche erano affidate ad Arianna Miceli (soprano), Fabiola Pereira (contralto), Pablo Cassiba (tenore) e Massimo Di Stefano (baritono). Il brano è simpatico e in tema, con un bell’andamento spagnoleggiante, solo un po’ ripetitivo. La compagine corale è stata all’altezza di una composizione abbastanza insidiosa: anche in questo caso ci è piaciuta molto la chitarra. Applausi scroscianti.
In questa stagione pigra ed adatta alle letture, desideriamo consigliare a tutti di leggere con più calma – possibilmente ad alta voce – cercando di far risuonare il senso delle singole parole, non solamente per cogliere il significato delle frase o, ancor peggio, semplicemente “la storia”. I grandi scrittori (traduttori) scelgono le parole con cura non solamente per il significato relativo, ma anche per la ricchezza del contenuto, la sonorità, l’eleganza: bisogna perciò pronunciarle. Cerchiamo di non perdere ciò che è a nostra disposizione: “E se non avete cura della ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?” (Luca 16, 12.).
La citazione è forse un po’ altisonante, ma credo sia in tema. Pietro De Santis