Il Teatro di Marcello, la luna e una stella

Il Teatro di Marcello, la luna e una stella

12-teatro-marcello.jpgCapita che il turista, o anche il cittadino inesperto della città, scendendo da piazza del Campidoglio verso Santa Maria in Cosmedin si imbatta in una costruzione in arcate sovrapposte di epoca romana e, un po’ disorientato, cerchi di capire se sia il Colosseo che ha dovrebbe avere lasciato alle spalle. Quando qualcuno lo informa che si tratta del Teatro di Marcello, egli normalmente resta affascinato e non aggiunge nulla. Si tratta di una costruzione risalente al primo secolo avanti Cristo, straordinaria per la bellezza architettonica e per il fatto che dal terzo livello delle arcate si erge un palazzo, frutto di costruzioni stratificate in varie epoche e che, a partire dal milleduecento, è noto come lo splendido Palazzo Savelli. All’interno dell’area archeologica, che a semicerchio si estende fino al Portico di Ottavia, nella stagione estiva vengono proposti concerti da camera, da parte dell’Associazione il Tempietto. In ogni città storica d’Europa è consueto proporre concerti di musica varia all’interno di strutture architettoniche rilevanti, sopratutto a vantaggio dei turisti: l’impressione resta indimenticabile più per il fascino dei luoghi, meno per la qualità delle esecuzioni.
Avviene così anche nel Parco Archeologico del Teatro di Marcello dove, giovedì 7 settembre, abbiamo ascoltato la compagine del Quintetto Bottesini eseguire un programma che includeva il Quartetto per pianoforte KV 478 di Mozart, il Quintetto in La magg “La trota” di Schubert, l’Elegia e la Tarantella di Bottesini. In questa occasione ritengo che i musicisti fossero di tutto rispetto, ma la mia resta solo una supposizione poiché i rumori della strada, le orchestrine che allietano i ristoranti di Portico d’Ottavia, il via vai dei turisti che camminano sull’acciottolato, i capricci del vento, gli applausi inopportuni ad ogni conclusione di movimento hanno reso impossibile la fruizione dell’interpretazione musicale. Potremmo perciò dire qualcosa solo su ciò che avremmo immaginato di sentire e su quanto abbiamo visto; ma tralasciando, anche per pudore, di parlare dei brani di Mozart e Schubert, spendo qualche parola su Giovanni Bottesini (1821-1889), grandissimo contrabbassista e direttore d’orchestra, la cui opera compositiva si è spesa soprattutto intorno alla produzione per i virtuosi del suo strumento e ad alcune opere liriche che, attualmente, non godono di molta fortuna. Per quello che l’ambiente consentiva di ascoltare l’elegia per pianoforte e contrabbasso era un brano di maniera, abbastanza ispirato e la tarantella, eseguita dai medesimi strumenti, non comunicava poi una gran verve. Perciò, con il naso in su, abbiamo incominciato ad ammirare le architetture: le arcate con i cunei di marmo per bloccare il peso della costruzione, le tre splendide colonne di marmo bianco alla luce della luna, le finestre aperte alla rinfusa al terzo ordine della costruzione, la luna piena nel cielo reso fosco dal caldo eccessivo, ed una stella sulla nostra testa, unica fiammella capace di perforare il velo appiccicoso intessuto dai lampioni. Una stella innamorata; avrebbe detto un poeta: “chissà se nemmeno ce l’ha una grande città”.

Quintetto Bottesini:
Alessandro Pepich, violino
Rocco De Massis, viola
Gianluigi Fiordaliso, violoncello
Roberto Della Vecchia, contrabbasso
Linda Di Carlo, pianoforte
 

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