Habemus Papam
Nanni Moretti si cimenta con l’istituzione della Chiesa – rappresentata dal Vaticano –, e con l’istituzione della Psicoanalisi: due congregazioni quasi in opposizione. Già si erano visti i prodromi dell’interesse registico verso l’uno e l’altro campo in precedenti lavori: “La Messa è finita” e “La stanza del figlio”; ma qui il regista ha voluto puntare in alto rappresentando il Papa, da un lato, e il “migliore” psicoanalista, dall’altro.
Si inizia dal commiato funebre al Papa predecessore; si entra nel Conclave attraverso le parole di uno speaker (Enrico Iannello), che commenta la processione dei cardinali verso la clausura nella cappella Sistina; si passa attraverso l’elezione unanime e lo sgomento dell’eletto, che rifiuta di apparire in pubblico. Si immagina il disorientamento dell’opinione pubblica, provocato da un’elezione senza nome e senza volto; e quello dei più alti prelati per il ricorso alla psicoanalisi, attraverso le imbarazzate gesta del “migliore” psicoterapeuta (Nanni Moretti) presente sulla piazza, ingaggiato per curare il nuovo papa (Michel Piccoli). Il quale nuovo papa, invece, viene condotto nascostamente allo studio della psicoanalista (Margherita Buy) – moglie del “migliore” – teorica del disturbo da “carenze affettive materne in età precoce”.
Il papa, in incognito ed in borghese, decide di sfuggire agli accompagnatori–controllori, e si getta nella vita quotidiana della città di Roma, per approdare casualmente in una compagnia teatrale, convintosi a seguire le indicazioni terapeutiche ricevute: ricordare. Egli ricorda, così, la propria passione per il teatro, frustrata, al cospetto del successo teatrale della sorella.
Frattanto, nella città del Vaticano, il portavoce della Santa Sede (Jerzy Stuhr) si produce in un inganno “a fin di bene”: segrega una guardia svizzera (Gianluca Gobbi) nell’appartamento papale, per convincere mondo e cardinali che il papa si è raccolto in preghiera; e gli occhi puntati verso l’alto vengono gratificati da qualche movimento percepito oltre le tende.
Per ingannare il tempo fino alla guarigione – l’ adeguamento del nuovo pontefice alle richieste sociali – lo psicoterapeuta “migliore” organizza un campionato mondiale di pallavolo per cardinali, assistito dal segretario di Stato (Renato Scarpa).
Il nuovo pontefice prende coscienza del proprio desiderio: scomparire, come papa e come prelato, per seguire l’antico sogno del teatro. L’epilogo avviene proprio all’interno di uno stabile teatrale (il Teatro Valle a Roma), nel bel mezzo di una rappresentazione, con l’ingresso della corte vaticana che applaude al successore di Pietro: tornato in Vaticano egli rinuncerà pubblicamente al suo incarico.
Pochi sintetici commenti: i cardinali vengono “bonariamente” rappresentati come vecchietti rincoglioniti e pieni di paure o bambini invecchiati senza accorgersi; e gli uomini, in generale inclusi gli psicoterapeuti, interessati principalmente alla palla, al potere e alle tette della mamma (o eventuali succedanei). È il trionfo della cultura piccolo borghese e dei telefoni cellulari.
Delle profondità e della tensioni contenute nelle teorie religiose e in quelle psicoanalitiche non rimane nulla: anche la possibile e plausibile lettura di un Dio che risieda preferibilmente fuori dai palazzi e in mezzo ai poveri non viene presa in seria considerazione.
Nel film tutto sembra teatro, cioè “finzione”: la religione, la psicoanalisi, lo stesso teatro, ma non la vita “di fuori”. Poiché, invece, la vita stessa è teatro Nanni Moretti dimostra di non capire nulla di religione, di psicoanalisi e – per simmetria – neanche di teatro. Anche se gli va riconosciuta una lettura corretta delle intenzioni di uno psicoanalista tipo: essere il sacrestano della borghesia.
È straordinaria l’interpretazione di Michel Piccoli ed è apprezzabile quella dei bravissimi attori coinvolti in ruoli vari – di prelati o di semplici comparse – come Franco Graziosi, Camillo Milli, Dario Cantarelli, Cecilia Dazzi.
Simpaticamente ironica la figura di Nanni Moretti, che gioca allo psicoterapeuta irrigidito; quasi insignificante quella di Margherita Buy.
La sceneggiatura di Francesco Piccolo, Federica Pontremoli e Nanni Moretti ha tentato il colpo clamoroso senza riuscirvi e la colonna sonora di Franco Piersanti non rimarrà nella storia del cinema (e nemmeno in quella della musica). Abbastanza bella la fotografia; bellissimi alcuni dettagli del poco noto Palazzo Farnese di Caprarola.
Le immagini iniziali del film possono essere ritenute un omaggio postumo al grande pontefice, scomparso nel 2005, e la cosa ci ispira un ultimo riconoscimento: il piacere del compianto funebre.
Gli esseri umani stravedono per questa forma di espressione, che dovrebbe compensare il rifiuto, protratto pervicacemente per tutta una vita, di qualsiasi minuscolo sentimento “non avaro” nei confronti di coniugi, amanti, amici, fratelli, genitori, figli o semplici conoscenti.
(pietro de santis)